Una sceneggiatura disordinata quella dell’avventura di Baskin, horror disturbante e originale che ci fa brancolare nel buio mentre aspettiamo solo che la mangiata di poliziotti turchi sia assalita da tonnellate di splatter.

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CINEMA PER STOMACI FORTI!

Parliamo di Baskin, chicca del cinema turco dell’orrore. Esperto di atmosfere, Can Evrenol ci trascina in una contorta (e confusa, va detto) spirale di angoscia. Complice anche la situazione che può apparirci “esotica”, la pellicola resta un godibilissimo horror che ci piace anche perché non sappiamo bene cosa aspettarci quando la vediamo per la prima volta. Un gruppo di poliziotti risponde a una chiamata di soccorso e si ritrova alla ricerca del luogo di pattuglia che, però, non è così facile da trovare.

Baskin e la necessità di descrivere una trama:

Come sapete non sono una fan delle sinossi: gran parte dei capolavori del cinema dell’orrore (non tutti, attenzione!) non fanno certo affidamento sulle trame, che anzi spesso sono estremamente semplici. Come appunto nel caso di questo scioccante horror. Il punto di vista è prettamente interno, e quindi ci troviamo con una squadra di forze dell’ordine brizzolate a cercare un presunto pericolo in piccole e diroccate viuzze della Turchia.

Il film inizia a modo di “A Nightmare on Elm Street”, quando un bambino si sveglia per i suoni molesti dei vicini, solo per scoprire che una sorta di presenza sta infestando la casa. Questa scena ricorre ogni notte nello stesso sogno di Arda (Gorkem Kasal), un ufficiale di polizia parte del team.

Nonostante sia in servizio, il team va in pausa in un locale (tipico, oserei dire!). La squadra prende da bere e racconta barzellette sporche in un questa piccola tavola calda. Tutto sembra nomale, quasi non notiamo che il gruppo viene coinvolto in alcune strane vicende man mano che arriva verso la scena del crimine.

Una narrazione corale:

Ma oltre a ciò, “Baskin” non è realmente guidato dalla narrazione. Il giovane poliziotto Arda è il nostro punto di vista, ma è un’espediente per guidarci verso il vero fulcro della pellicola: la violenza grafica. Osserva i suoi compagni con sospetto, ma non si fa domande su qualunque cosa stiano facendo. Tuttavia, nel contesto di logica onirica (per non dire “buchi di trama”) film, non sarebbe così insolito se Arda scomparisse improvvisamente.

In effetti, ad un certo punto, il controllo della narrazione sembra spostarsi su Seyfi (Sabahattin Yakut), un agente di polizia con i postumi della sbornia che vede qualcosa di orribile che spappola e ricompone il contenuto del suo stomaco in un lavandino del bagno. In quel momento, non è chiaro chi guiderà la trama del film.

Perché Baskin non riguarda il viaggio di Arda, che sembra soltanto essere il poliziotto più giovane, e quindi quello che è il meno stanco o corrotto. Con alcuni accenni psicologici, che vogliono fare un briciolo di critica sociale ma con il minimo sforzo, Baskin ci guida verso un climax di angoscia che esploderà con corpi deformi e bagni di sangue.

I fili della trama nidificata sfocano allucinazioni e realtà, creando un disorientamento a volte più confuso che produttivo.

Baskin tra forma e contenuto:

Solleticandoci la mente mentre si prepara a farci rivoltare l’intestino, Can Evrenol lascia dei dettagli inquietanti nel corso della storia, pronti a scattare come un’esca in una trappola per topi. Si trasforma bruscamente da un sinuoso thriller psicologico in un buffet per gli appassionati di sangue, senza mai perdere un colpo al livello visivo. Ci delizia con visioni di strema violenza grafica, ambienti claustrofobici – con tutta l’angoscia di un segreto culto satanico e di dettagli come una pugnalata inattesa che smembra un occhio.

Finalmente la squadra giunge alla meta. Si trovano alle soglie del luogo, una misteriosa grotta. Ma si rivela essere molto di più: un museo del macabro devastato dal sangue che mostra corpi deformi e mutilati. Esseri para-antropomorfi che farebbero invidia a Silent Hill. Catene, sangue rappreso, suoni inumani. Questi corpi deformati e malformi si accoppiano e si auto-mutilano in un grottesco rituale. La violenza è sadica e masochista, in un miscuglio di ribrezzo e raccapriccio che lascia la squadra devastata.

Siamo nel mezzo di un rituale Satanico. Non sappiamo come mai siamo lì, le origini di tanto disgusto e orrore, nè tantomeno chi o cosa può fermare la scena. Siamo solo terrorizzati, con la pelle d’oca e lo stomaco sottosopra – perchè Evrenol ha veramente esagerato.

Qualche pecca:

Il film si regge interamente sul climax finale: aspettiamo inquietati per tutto il viaggio e infine siamo catapultato nel disagio più puro. Indugiando morbosamente nella carnografia, il finale è una vera piccola chicca per gli amanti delle frattaglie e delle scene estremamente disturbanti.
Le influenze dello scrittore-regista Can Evrenol sono palesi (riconosco sicuramente un po’ di Lucio Fulci). L’influenza di Roth si fa sentire in una sequenza finale punitiva e spaventosa. Con la giusta pazienza il film scorre e il ritmo graduale prepara a godersi a pieno il finale.

Sicuramente pecca nella “sostanza”: la sceneggiatura è così confusa che il pubblico viene lasciato a tentoni in mezzo alle viscere e alla pelle squarciata, cercando di capire cosa sta succedendo nel mondo – o negli inferi, non si capisce. Il film, che ha un debito con Hellraiser di Clive Barker, è basato su un acclamato cortometraggio del regista Can Evrenol. Si tratta chiaramente di un cineasta con un talento per creare un’atmosfera macabra e inquietante.

Tuttavia, quel che manca per me a questo horror è lo spessore. Non che sia necessario, chiariamo. Nelle due puntate precedenti abbiamo visto come film quali Calvaire o Inside riescono a rimanerci impressi per via di ciò che hanno dietro. Ecco, qui dietro il sangue c’è altro sangue. L’analisi sociale o la riflessione nascosta non esistono, o quantomeno sono ridotte all’osso. Al massimo ci si può godere, come me, la visione di una squadra di polizia che viene terrorizzata a morte.

Paura?

Ogni Venerdì è Venerdì 13 con me! Ci vediamo al prossimo appuntamento di “Bloody Mary, Bloody Friday”!

Ho scritto già di:
Wes Craven
Oldboy
Apocalypto

Bloody Friday per
METROPOLITAN CINEMA
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