
Il cinema di Sergio Leone ha regalato a generazioni di spettatori un sogno ad occhi aperti. Un cinema colto e popolarissimo venato di avventura e di nostalgia. Sergio Leone non ha semplicemente creato il genere degli “spaghetti western“: ha plasmato un’idea dell’America – e con essa un’idea di cinema – vista con gli occhi disincantati dell’infanzia. Un luogo, al pari dello schermo, dove tutto è possibile.
Sergio Leone, per il quale i film sono stati la sua vera patria, diceva di essere nato in un cinema. Figlio di un regista e di un’attrice, entra giovanissimo nel mondo della produzione cinematografica. Si fa le ossa come assistente alla regia in grandi produzioni hollywoodiane girate a Cinecittà come “Quo vadis?” e “Ben Hur“. Bazzicando il genere “peplum“, Leone esordisce alla regia nel 1961 col kolossal a basso costo “Il colosso di Rodi“. Dopo aver visto il film di Kurosawa “La sfida del samurai“, il regista resta affascinato dalla storia; decide allora di trasporla al tempo della Frontiera americana, ignaro del travolgente successo che lo aspetta.
I successi di Sergio Leone
“Per un pugno di dollari” sbanca il botteghino e consegna a Leone, oltre alla propria consacrazione, la nascita di una nuova icona. L’uomo senza nome protagonista della pellicola è un giovane attore quasi sconosciuto: Clint Eastwood. La figura del cowboy cinico con cappello, poncho e sigaro in bocca diviene leggendaria, tanto da figurare dei due successivi film del regista. “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto e il cattivo” vanno così a comporre una ideale “trilogia del dollaro” in cui il West è teatro delle avventure picaresche di banditi e cacciatori di taglie senza scrupoli, spinti dall’avidità e dall’impulso primario a sopravvivere.
“C’era una volta il West“, canto del cigno del western classico, inaugura una nuova fase del cinema di Leone in cui il senso dell’avventura lascia il campo alla nostalgia e al lento scorrere del tempo. Il film è una sinfonia visiva che dice addio al vecchio West, relegandolo nella leggenda. Il successivo “Giù la testa“, ambientato al tempo della rivoluzione messicana, è una riflessione a sfondo picaresco sulle possibilità stesse della rivoluzione che ne fa senza dubbio il film più politico del regista. Dopo dieci anni di preparazione, nel 1984 esce il capolavoro di Leone: “C’era una volta in America“, storia di amicizia e tradimenti di una banda di gangster newyorchesi del Lower East Side con Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern. Mentre progetta un nuovo film epico sull’assedio di Leningrado, Leone muore a Roma all’età di 60 anni, lasciando un’eredità che i cineasti di tutto il mondo, da Tarantino a Scorsese, non smettono tutt’oggi di riverire.
Davide Cossu
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