Disse Meloni “bastarda”: al via il processo per diffamazione a Roberto Saviano

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Di Redazione Metropolitan

Si apre oggi il processo a Roma nei confronti di Roberto Saviano accusato di diffamazione nei confronti dell’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Saviano durante una puntata di “Piazzapulita” su La7 a dicembre 2020 sul tema dei migranti si era riferito alla leader di Fratelli d’Italia chiamandola «bastarda». L’indagine era stata avviata dopo una querela presentata da Meloni e nel novembre dello scorso anno il gup di Roma ha disposto il rinvio a giudizio per lo scrittore.

«La querela nasce dal livore utilizzato», ha dichiarato l’avvocato Luca Libra, legale del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, prima di entrare in aula. «Io ho insegnato a mio figlio che la parola “bastardo” è un’offesa. Valuteremo comunque se ritirare la querela».

Al via il processo per diffamazione a Roberto Saviano nei confronti della Meloni

Nello specifico, la polemica era scaturita dalla morte di un bambino di sei mesi, originario della Guinea, annegato nel Mediterraneo nel novembre del 2020. Ventiquattro mesi più tardi, il quarantatreenne non aveva avuto alcun pentimento. “Rivendico la mia indignazione e il mio più profondo disprezzo versi chi, di fronte a un naufragio, non dice che le vite umane vengono prima di ogni strumentalizzazione o percorso politico più o meno severo, inflessibile, feroce, da Papeete o da pacchia finita”. L’indagine era stata avviata dopo una querela presentata dalla stessa Meloni e nel novembre dello scorso anno il giudice per l’udienza preliminare di Roma ha disposto il rinvio a giudizio per l’autore di Gomorra. Che questa mattina ha twittato in modo assai polemico sul proprio profilo. “Ringrazio i media stranieri che danno attenzione a ciò che accade in Italia. Un governo liberticida che porta a processo chi critica. Un primo ministro contro uno scrittore, come se avessero uguale peso. Intimidire me per intimidire chiunque critichi l’operato di questo governo”.

Alla base della contesa c’è un punto essenziale, che determinerà la sentenza finale. Un giornalista, uno scrittore, una persona che svolge un lavoro comunemente definito intellettuale, ha il diritto di poter dire tutto ciò che vuole? Qual è il limite oltre il quale non ci si può spingere? Un tema controverso, perché se da un lato c’è la doverosa libertà di stampa e di espressione, dall’altra c’è l’altrettanto importante dignità personale che non può essere lesa in alcun caso. E da nessuno. 

Fuori dall’aula sono presenti fra gli altri Kasia Smutniak, gli scrittori Sandro Veronesi, Michela Murgia, Nicola Lagioia e il direttore de La Stampa Massimo Giannini.

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