Dostoevskij: i libri meno noti del grande autore russo

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Di Martina Puzone

Fëdor Michajlovič Dostoevskij nacque a Mosca nel 1821 da una famiglia benestante. Con il suo racconto d’esordio “Povera gente“, pubblicato nel 1846, si impose subito come autore di riferimento. Prese le distanze dalla “scuola naturale” di Gogol che, all’epoca, era imperante. Dopo alcuni eventi come l’arresto per cause politiche e la reclusione in Siberia, venne identificato come poeta originale e psicologico, considerato uno dei più grandi autori di tutti i tempi. Nelle sue opere, soprattutto quelle della maturità quali Memorie del sottosuolo, Le notti bianche, Delitto e castigo, si fa portatore di tematiche morali e religiose. Di notevole interesse sono anche le opere meno note dell’autore.

Il sogno di un uomo ridicolo (1877)

Dostoevskij – Photo Credits Il Riformista

Un racconto breve in cui dalle prime pagine spietate, fredde, il protagonista è già destinato ad essere ridicolo per se stesso e per gli altri. L’autore crea una situazione paradossale in cui quest’uomo di mezza età, disperato e incompreso, decide di suicidarsi. Si addormenta dinanzi alla rivoltella e sprofonda in un sogno che lo conduce su di una sorta di nuova Terra: un luogo in cui gli uomini sono ancora capace di stringere rapporti autentici, un paradiso terrestre dove non esistono corruzioni, malizie e gelosie.

Il suicidio è qui inteso come mezzo per spegnere l’incubo in cui è sprofondata la sua vita. Tuttavia, c’è sempre una via di salvezza, basta riuscire a scorgerla. Il testo venne pubblicato nel 1877, ma tutto quel che l’autore esprime è incredibilmente contemporaneo. Questo è dovuto all’analisi chirurgica della psiche umana da lui attuata.

La moglie altrui e il marito sotto il letto (1848)

Dedicato alla stesura di un gruppo di racconti incentrati sul nodo tematico del matrimonio d’interesse, lo stile è grottesco, focalizzato all’analisi dei vizi umani. I personaggi principali sono una moglie, un marito e un amante, il classico triangolo alla base dell’adulterio che, nell’Ottocento, fu uno dei temi più diffusi sul piano letterario. Dunque Dostoevskij ha espresso la propria opinione sul tema attraverso il rovesciamento degli schemi precostituiti. Questo libro è probabilmente quello più tagliente dal punto di vista satirico.

L’albero di Natale e lo sposalizio (1848)

Un piccolo libro in cui l’autore racconta, nel suo personalissimo stile, due storie di stampo natalizio. Un uomo assiste ad uno sposalizio durante il quale scorge un misterioso individuo, altro, magro e taciturno. Il narratore scopre che si tratta di un gentiluomo di provincia giunto in città con una vana lettera di raccomandazione per il padrone di casa. Interessante è Julian Mastakovic, del quale il narratore, stando seduto in un salottino, ascolta i discorsi. Una bambina ereditiera, offesa dagli altri, si rifugia nella stanza dove si trova il narratore, giocando con il figlio della governante.

Senza accorgersi del narratore, Julian entra nella stanza e si avvicina alla ragazzina, la quale è la sua futura fidanzata di cui ha già calcolato la dote. La piccola si spaventa e il bambino la aiuta indispettendo Julian. Il narratore ride di cuore e si fa notare dai personaggi. Dieci minuti dopo, il narratore assiste al corteggiamento di Julian. Passano cinque anni e il narratore, passeggiando dinanzi ad una chiesa, viene attirato dalla folla. Sta per essere celebrato uno sposalizio tra una donna bellissima e un uomo grassoccio: la bambina e Julian.

Note invernali su impressioni estive (1863)

Queste note sono il racconto del primo viaggio di Dostoevskij all’estero tra Parigi, Colonia, Londra e l’Italia. L’autore torna deluso, perché le metropoli sono prive del primo elemento necessario all’uomo: la libertà della coscienza. Il resoconto del viaggio diviene un esperimento di “filosofia dell’Europa“, un racconto di carattere autobiografico. Dostoevskij compie questo viaggio a quarant’anni, ne deriva una narrazione di un’amare e sgradevole esperienza che lo porta a riflettere sul rapporto del popolo russo col mondo occidentale.

Non è un viaggio di istruzione, ma una conferma di convinzioni che lo porta a rafforzare il rapporto con la propria patria. Trova la sua ragione d’essere nell’esaltazione del suolo (počva), inteso nella sua accezione più sacra, e dell’umile popolo ad essa devoto. Le Note presentano una dura critica ad una società ammaliata dal materialismo, un resoconto polemizzante e antiborghese. A rivelare i vizi occidentali è lo sguardo cinico, sarcastico e straniero (non estraneo) di Dostoevskij.

Un cuore debole (1848)

Un racconto che appartiene alla produzione del Dostoevskij giovane, pubblicato sulla rivista Annali patrii, in quegli anni è fortemente attratto dagli ideali del socialismo utopistico. Una novità nel racconto consiste nel fatto che, a scatenare la melanconia e la pazzia del protagonista non è un evento drammatico, ma una felicità troppo grande. In queste settantotto pagine si narra la storia dell’amicizia tra Vassia e Arcadio, colleghi e coinquilini.

Hanno un legame forte, viene messo alla prova dopo il fidanzamento di Vassia con la donna amata, il quale sprofonda in uno stato psichico oscuro che lo porta ad un’improvvisa felicità. Questa euforia porta Vassia a tormentarsi, a non ritenersi degno, fino a raggiungere uno stato di infelicità per il senso di troppa gratitudine verso la vita. Arcadio farà di tutto per aiutare il suo amico ad uscirne, tuttavia Vassia dovrà cercare di salvarsi da solo.

Martina Puzone

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