Gli amori difficili di Italo Calvino è una raccolta di quindici novelle, scritte tra il 1949 e il 1967 e pubblicate da Einaudi nel 1970. Quello che unisce i racconti è il tema dell’amore, inteso come mancanza di comunicazione e incontro: una zona sospesa di silenzio che giace al fondo dei rapporti umani. Quante volte nella nostra vita abbiamo fatto fatica a esprimere quello che provavamo?

Italo Calvino: Amori difficili, Avventure o Racconti?

Italo Calvino 
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Il volume è diviso in due parti: la prima, intitolata anch’essa Gli amori difficili, contiene tredici novelle; la seconda, dal titolo La vita difficile, comprende due novelle più lunghe, La formica argentina e La nuvola di smog. Ogni novella inizia con ‘’L’avventura di..’’ per poi continuare con l’identità del protagonista (un soldato, un fotografo, un impiegato, una moglie e così via) e la sua storia. Infatti prima di chiamarsi Gli amori difficili, questa raccolta di novelle venne chiamata ‘’I racconti’’ e successivamente ‘’Le avventure’’.

Solo con la pubblicazione di Einaudi si decise di chiamare il romanzo come lo conosciamo oggi, perché ciò che univa tutti quei racconti erano proprio gli amori difficili. La definizione di avventura infatti, ricorrente nei titoli dei singoli testi, è ironica. Se è calzante per i primi pezzi della serie, nella maggior parte dei casi indica soltanto un movimento interiore, la storia di uno stato d’animo, un itinerario.

Il silenzio come elaborazione del sentimento amoroso

Allo stesso modo, seppure Gli amori difficili siano storie di come una coppia non si incontra, questo non incontrarsi è sì causa di angoscia, ma al medesimo tempo è elemento fondante di una relazione, se non addirittura l’essenza stessa dell’amore. Italo Calvino infatti narra di movimenti interiori e di viaggi che comprendono il silenzi. Quest’ultimo è inteso come difficoltà di comunicazione certo, ma anche come valore preziosissimo e strumento di comprensione della propria interiorità. ”E nel cuore di questo sole vi era silenzio ”, scrive nell’Avventura di un poeta.

Quel silenzio un po’ paradossale, un po’ ironico, un po’ riflessivo dei racconti calviniani sugli amori che non si incontrano ha una lunga eco, che si riversa anche nel nostro quotidiano. Ma rispetto alle difficoltà di interlocuzione che scaturiscono da un dialogo eccessivo ed esacerbato, il silenzio laconico sembra essere paradossalmente un ostacolo minore per Calvino. Nell’attesa, nell’assenza, nel dubbio, nell’irrisolutezza, nella fugacità degli amori improvvisi si cela il sentimento più autentico, non importa se sarà appagato o meno, esiste già in quel momento.

Italo Calvino ci introduce le sfumature dell’amore platonico

Quale innamorato non ha mai provato questa sensazione? Al termine di un viaggio per raggiungere l’amante un uomo capisce che la vera notte d’amore è proprio quella che ha passato in uno scomodo scompartimento di seconda classe correndo verso di lei.

‘’M’accorgo che correndo verso Y ciò che più desidero non è trovare Y al termine della mia corsa: voglio che sia Y a correre verso di me, è questa la risposta di cui ho bisogno, cioè ho bisogno che lei sappia che io sto correndo verso di lei ma nello stesso tempo ho bisogno di sapere che lei sta correndo verso di me’’.

Questo è il tipo di amore che Calvino racconta e il lettore sembra percepire davvero quel momento come:

« un moto amoroso, di carezza, che il treno cominciava a scorrere tra i pilastri delle pensiline ».

L’amore platonico, quello silenzioso e lontano è spesso sottovalutato, ma non per questo meno reale dell’amore raggiunto e infine consumato. La verità del sentimento amoroso che nasce nell’attesa traspare anche dallo stile narrativo dell’autore. La narrazione è diretta, l’uso della punteggiatura sapiente: la frequenza con cui ricorre ai due punti spalanca un mondo di emozioni. Emozioni che non si fanno mai sdolcinate, mai eccessive, mai di troppo. Rimangono quelle espressioni spontanee dell’animo umano che i protagonisti manifestano più o meno platealmente, ciascuno in base alla propria personalità.

La passione per le novelle ottocentesche

Calvino si allinea probabilmente alle tendenze dei racconti degli anni cinquanta, anni in cui i poeti e i romanzieri si volgono a recuperare forme d’espressione ottocentesche. L’autore appartiene ancora alle generazioni che hanno avuto il tempo d’includere tutto Maupassant e tutto ÄŒechov nelle loro letture giovanili. Ma anche quando sembra rivisitare la novella ottocentesca, per Calvino quel che conta è un disegno geometrico, un gioco combinatorio di simmetrie e opposizioni, uno scambio di posto tra caselle bianche e nere di una scacchiera. Proprio come il togliersi e il mettersi gli occhiali nel suo racconto l’Avventura di un miope.

Alessia Ceci

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