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Settembre 20, 2024, venerdì

Il teatro nel cinema: le due dimensioni raccontate in 5 film

Cosa succede quando il cinema incontra il teatro? Nonostante una sia l’evoluzione dell’altra, costruita sui medesimi elementi, cinema e teatro sembrano essere oggi giorno due dimensioni opposte, sia dal punto di vista artistico che economico. Eppure, c’è stato qualcuno nel cinema in grado di rendere omaggio al suo “creatore”.

Rumori fuori scena: il meta- teatro incontra il cinema

Rumori fuori scena (1992) – Photo Credits port.hu
Rumori fuori scena (1992) – Photo Credits port.hu

Tratto dall’omonima commedia scritta da Michael FraynRumori fuori scena”, il film (Peter Bogdanovich, 1992) è un adattamento cinematografico che racconta le dinamiche di una compagnia teatrale, nell’allestimento della farsa “Nothing on”.

Il film è diviso in tre parti, nelle quali, la messa in scena dello spettacolo subisce le dinamiche delle persone-attori alle prese con intrighi amorosi e problemi tecnici.

Dinamiche che si riversano nella messa in scena, che cambia a seconda delle situazioni messe in atto.

Il film, oltre ad essere esilarante, è utile per comprendere il concetto di meta-teatro e la sfida degli attori alle prese con la loro persona.

Questa è la farsa, questo è il teatro, questa è la vita.

Lloyd Fellowes (Michael Caine) in “Rumori Fuori scena”

Birdman: teatro, cinema e realtà

Conosciuto come mind-game film, Birdman (Alejandro González Iñárritu, 2014)  è un non-luogo in cui cinema, teatro e realtà si mescolano tra loro.

In questa mescolanza fuoriesce il ritratto di un anziano attore alle prese con il concetto pirandelliano di maschera, laddove, questa finisce per costruire il super-io dell’attore.

In un quadro in cui New York si presenta come il palcoscenico della vita degli attori, il film rivolge una critica al cinema e al teatro contemporaneo, in cui la spettacolarizzazione non è solo il modo principale di messa in scena delle opere, ma regola la stessa vita degli attori.

Attraverso un falso piano-sequenza noi spettatori riusciamo ad indossare gli occhi del protagonista, che svelandoci, la natura grottesca del dietro le quinte.

I numerosi premi Oscar e il cast eccezionale (Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone e Naomi Watts), rivendicano il successo meritato del film e l’impresa di Iñárritu, nel costruire un complesso puzzle partendo dalla crisi di un uomo.

Nel bel mezzo di un gelido inverno: tra il teatro classico e il cinema indie

Il film racconta il dietro le quinte della preparazione di un Amleto “fatto in casa”: un attore disoccupato cerca di mettere in scena la maestosa opera shakespeariana con altri attori disoccupati.

In “Nel bel mezzo di un gelido inverno(Kenneth Branagh, 1995) tornano le dinamiche interne degli attori che sorpassano la maschera indossata dall’attore, creando una confusione tra rappresentato e realtà.

Girato in bianco e nero e con un protagonista che in prima battuta si rivolge direttamente allo spettatore come se fosse una seduta psicanalitica, il film sembra volersi introdurre nella commedia delle pose “indie”.

Tuttavia, l’intento di Branagh sembra essere quello di dirigersi verso un omaggio al teatro classico, che seppur antiquato, è in grado di rendere la crisi interiore dei personaggi più di quanto siano in grado i nuovi film “indie”.

Il regista trasforma i cliché di Woody Allen, facendoli scontrare con il testo per eccellenza, vale a dire l’Amleto.

Annette: il meta – spettatore

Quello che sembra presentarsi in primo luogo come musical inglese, finisce essere un’acrobazia grottesca che svela l’ego creativo degli artisti.

Annette (Leos Carax, 2021), non è solo un film meta-cinematografico che rivolge il suo omaggio al teatro, ma è un film in cui lo stesso spettatore diventa un meta-spettatore.

Fin dall’inizio, non riusciamo a comprendere se siamo spettatori di un film o di uno spettacolo teatrale, ma la Voice Over ci dà subito la risposta: siamo in entrambi.

Ma dov’è il palco vi chiederete? È li fuori

Voice Over in “Annette”

Il film narra delle vicende di Henry (Adam Driver) un comico provocatore e Ann (Marion Cotillard) un venerato soprano. In seguito al loro matrimonio e alla nascita della piccola Annette, le due star dello spettacolo, iniziano a fare i conti con la vita genitoriale, complicata ancora di più dal peso delle loro carriere e delle loro vite personali.

Quello che viene maestosamente messo in scena, è un vortice di emozioni plasmate dalle crisi interiori degli artisti, che trascinano il pubblico in un buco in cui il confine tra realtà e finzione non esiste, trasformando appunto gli occhi di chi guarda nella visione di un meta-spettatore del film, dell’opera teatrale e della vita.

Shakespeare in love:  la meta-narrazione

Londra, 1592: la creatività del giovane William Shakespeare (Joseph Fiennes) è in crisi.

Il drammaturgo non riesce infatti a cominciare la sua nuova opera “Romeo e Ethel, la figlia del pirata”, opera che tutti noi conosceremo come “Romeo e Giulietta” (1597).

A subentrare in suo aiuto, come nelle sue opere, è l’amore: il giovane, incontra Viola (Gwynet Patrol), una ragazza desiderosa di poter recitare, nonostante all’epoca fosse proibito alle donne.

In un’alternanza di finzione e realtà, gli autori mescolano tratti biografici del giovane drammaturgo a rimandi alle sue opere, arrivando per calare la stessa Viola nei panni di Romeo, ovvero, di Shakespeare stesso.

Con 7 Oscar su 13 nomination, “Shakespeare in love” (John Madden, 1999)  si dimostra in grado di mescolare il dramma alla commedia, facendo della meta-narrazione la sua caratteristica principale.

Martina Capitani

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