Joan Mirò, parola d’ordine: Sperimentazione. Nasceva oggi l’artista eclettico che ha usato ogni mezzo per raccontare il suo mondo. Considerato uno degli autori più importanti di tutto il Novecento, ha dedicato la sua carriera a una continua sperimentazione artistica. Spesso accostato all’avanguardia surrealista, di cui fece effettivamente parte, non lo si può considerare un purista. Miró si distacca dal movimento dopo pochi anni. L’imposizione di uno stile in particolare gli stava stretto ed ecco che la sua fantasia prende vita.

“Mi è difficile parlare della mia pittura poiché è sempre nata in uno stato di allucinazione, provocato da uno choc qualunque, oggettivo o soggettivo, e del quale sono interamente irresponsabile”

Joan Mirò, artista sperimentale che odiava far parte di un movimento in particolare

Joan Mirò nasce a Barcellona il 20 Aprile 1893. Attratto dall’arte e dalla letteratura d’avanguardia, vive la maggior parte della sua giovinezza a Barcellona dove diventa amico del pittore Ricart con cui poi dividerà il suo primo studio d’artista. In un primo momento si interessa al “fauvismo” e in seguito al dadaismo. Nel 1918, alla Galleria Dalmau, c’è la sua prima esposizione personale. Si trasferisce a Parigi per un periodo, ed è proprio qui che nei primi anni ‘20, inizia ad entrare in contatto con i gruppi di intellettuali surrealisti.

Nel 1925 partecipa a mostre surrealiste ed espone con grande successo alla Galleria Pierre di Parigi. Dopo essersi sposato nel 1929, espone per la prima volta negli Stati Uniti. È questo il periodo delle sperimentazioni con i collage. In questo periodo però è tornato a vivere a Barcellona per la nascita della figlia. Dal 1934 inizia il suo periodo “selvaggio”. Continua ad esporre sia in Europa che in America e quando scoppia la guerra civile spagnola torna a vivere in Francia.

Da questo momento in poi si alternano periodi di permanenza in Spagna a quelli di permanenza in Francia, intervallati da viaggi negli Stati Uniti. Nel 1954 la Biennale di Venezia gli attribuisce il “Gran Premio internazionale per la grafica” e nel 1959 riceve negli U.S.A. il premio “Guggenheim”. Nel 1975 viene inaugurata ufficialmente laFundaciò Joan Mirò a Barcellona. Muore novantenne il 25 Dicembre del 1983.

Dalla prima fase “Catalana” alle pitture oniriche e fantasiose

“Vigne e Olivi a Tarragona”, 1919_photocredit:wikipedia
“Vigne e Olivi a Tarragona”, 1919_photocredit:wikipedia

Sfuggire a procedimenti sempre uguali e rendersi inclassificabili. Questo è il credo ed effettivamente tanti sono i cambiamenti di stile che Mirò attraversa in un periodo relativamente breve. Per Mirò la storia dell’arte non ha un corso univoco, proprio nelle opere ignorate e minori l’artista moderno può trovare la maggior ispirazione. Tra il 1917 e il 1923 è il periodo del “Mirò narrativo”. L’artista ci vuole parlare della sua terra natale, la Catalogna. Nei lavori del periodo è molto evidente la componente geografica e geopolitica. I quadri sono policromi con colori sgargianti e dai toni caldi. Consacrare e celebrare la terra natale, questo l’intento dei quadri che il pittore dipinge nel suo atelier nella campagna catalana.

Carnevale di Arlecchino, 1925_photocredit:wikipedia
Carnevale di Arlecchino, 1925_photocredit:wikipedia

Segue il periodo a cavallo tra il 1924 ed il 1929. Lo stile è sempre policromo ma acquista una connotazione fantastica. Le opere assumono un aspetto onirico e allucinatorio. Ampie estensioni di colore indifferenziato e linee semplici, quasi arabeschi. I personaggi diventano delle creature d’invenzione. Se in un primo momento di questa prima fase le scene sono affollate, in un secondo momento la tela si svuota ed arriva il momento degli sfondi monocromi. Mirò inizia a concentrarsi più sul messaggio e la parola che sulle figure. Nascono così le prime composizioni con frasi e brevi testi. Questa è considerata la fase meno surrealista di tutte. Non ci sono “automatismi psicologici” ma realizzazioni frutto di studi preliminari e abbozzi. Evidente l’influenza di Picasso. “Il corpo della mia bruna…” 1925

“Il corpo della mia bruna…” 1925_photocredit:artedossier
“Il corpo della mia bruna…” 1925_photocredit:artedossier

Le sperimentazioni con i collage e le sculture-assemblaggio, e non solo

Collage, 1929_photocredit:americaninstituteofconservation
Collage, 1929_photocredit:americaninstituteofconservation

La terza fase stilistica è datata dal 1929 in poi. Mirò si dedica a costruzioni e collage. Periodo di completa rottura con il precedente, l’artista propone un’estetica della “desolazione” utilizzando materiali “poveri” e apparentemente molto poco attraenti. Bitume, filo di ferro, sassi, carta abrasiva. Mirò, in questo periodo, è contro la “buona pittura”. L’intento dell’artista è forse spiegato in un passo del Secondo Manifesto del Surrealismo:

“Ballerina Spagnola” 1928_photocredit:wikipedia
“Ballerina Spagnola” 1928_photocredit:wikipedia

“L’approvazione del pubblico è da fuggire più di ogni altra cosa. Bisogna assolutamente impedire al pubblico di entrare se si vuole evitare la confusione. Aggiungo che bisogna tenerlo esasperato alla porta con un sistema di sfide e provocazioni” 

Ed eccoci arrivati all’ultima fase. Il 21 gennaio del 1940, nel suo isolamento a Varengeville sur Mer, dove aveva preso in affitto una casa per sfuggire agli orrori del regime franchista, afferrò colori e pennelli e diede avvio al ciclo delle Costellazioni

“… sentivo un profondo desiderio di evasione e mi rinchiudevo deliberatamente in me stesso, la notte, la musica e le stelle cominciavano ad avere una parte sempre più importante nei miei quadri”

“il bell’uccello rivela l’ignoto a una coppia di innamorati” 1941 (serie Costellazioni)_photocredit:wiki
“il bell’uccello rivela l’ignoto a una coppia di innamorati” 1941 (serie Costellazioni)_photocredit:wiki

Il forte senso di inquietudine per i limiti “imposti” dalla pittura, diventa sempre più marcato man mano che ci si avvicina alla fase artistica della maturità.  Mirò si dedica adesso a delle vere e proprie composizioni scultoree. Nascono così le sue famosissime “Sculture-assemblaggio”. L’ultima sua realizzata nel 1982, un anno prima della morte, è “Donna e Uccello”.

Donna e Uccello, 1982_photocredit:wikipedia
Donna e Uccello, 1982_photocredit:wikipedia

Ilaria Festa

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