La politica dell’ingerenza: elementi di riflessione su dossier e fondi russi

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Di Redazione Metropolitan

Il dossier dell’intelligence statunitense che denuncerebbe l’influenza e la corruzione che Mosca avrebbe attuato nei confronti di alcuni partiti politici europei attraverso fondi russi (e – per il momento – non italiani, stando alle parole del presidente del Copasir, Adolfo Urso) è una notizia importante. Ma al di là delle conseguenze proprio a livello elettorale – che potrebbero essere molto limitate, a guardare i “figli di Putin” del nostro paese, quella parte di elettorato che vive di propaganda anti-sistema e che vede nell’ex URSS chissà quale paradiso artificiale -, le quali potrebbero essere così ininfluenti da deludere quelli che si aspettano che il dossier stravolga gli equilibri di oggi, presi da chissà quale sdegno, bisogna riflettere sul nostro immaginario e sulle conseguenze che questa scossa tellurica (a bassissima intensità) potrebbe comportare. Non solo l’immaginario, ma la sicurezza del sistema democratico, i suoi assetti, le sue forme, i suoi rituali.

Un ritorno a un mondo diviso, una politica di estremi, una debolezza complessiva dell’utopia democratica: perché il dossier sui fondi russi potrebbe essere uno spartiacque storico

Vladimir Putin e Xi Jinping sono i più influenti capi del blocco anti-liberale del mondo. Per questo i sistemi democratici dovrebbero guardare altrove

Questo dossier, più che fratturare ogni possibile rapporto tra sistemi democratici e anti-democratici (Russia, Cina, Arabia Saudita…), è un’occasione di riflessione. Sì, perché le ingerenze estere sarebbero rimaste comunque, anche se il documento sensibile non fosse saltato fuori. Il rischio che i sistemi politici illiberali influenzino quelli liberali è più che concreto, e lo ha sostenuto anche Urso. Affermiamo allora che l’unico modo per avere rapporti con questi paesi – ché l’isolamento crea antagonismi, e gli antagonismi creano guerre fredde – è attraverso una totale trasparenza: lo aveva detto Draghi al Copasir in aprile. Perché, diciamoci la verità, bisogna essere davvero ingenui nel pensare che i servizi segreti italiani potrebbero lasciar correre la cosa, o peggio lasciarsela sfuggire. Citando Gabrielli, delegato alla Sicurezza della Repubblica, “noi lo veniamo a sapere“.

Ma la democrazia è così debole da essere comprata? Chi ha reso debole il sistema di rappresentanza democratica? Chi ha desacralizzato il voto, che è, onestamente, il più grande rito civile che rimane in questo Paese? Puntiamo il dito alla classe politica, allunghiamolo ancora e scopriamo che – meraviglia delle meraviglie – abbiamo puntato verso lo specchio di tutta la cittadinanza. Abbiamo consentito all’anti-politica di diventare la classe politica. Stando ai dati sull’affluenza, in costante discesa da più di un cinquantennio, ci sono un sacco di “agnostici” del sistema-Italia. Se i partiti si lasciano comprare vuol dire che la democrazia è ormai bella che prostituita. Vuol dire inoltre che quella fine della storia che doveva portare all’istituzione di un sistema sempre più aperto e libero a livello globale è una bella favoletta neoliberista, persino naif. Dobbiamo chiederci se crediamo davvero nel nostro Paese. O se sia tutto da rifare. Se chi dovrebbe battersi per la democrazia guarda a Putin, allora è la democrazia stessa a essere malata.

Alberto Alessi

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