Live Aid, il juke box globale

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Di Alessandro Carugini

Alla fine del 1984, colpito dalle immagini televisive sulla carestia che stava affliggendo l’Etiopia, Bob Geldof pensò a un metodo concreto per “fare la differenza”. Telefonò a Midge Ure, e i due pensarono di realizzare un disco natalizio di beneficenza, reclutando importanti colleghi del panorama musicale britannico. Sotto il nome collettivo di Band Aid è pubblicato Do They Know It’s Christmas, il primo passo verso il Live Aid.

Il doppio grande ‘evento’: Live Aid Uk e Live Aid USA

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Il successo del singolo fu incredibile e rappresentò il biglietto da visita per qualcosa di ancora più grande, incredibile e visionario. La capacità di volare alto rese possibile una grandiosa utopia di Geldof e Ure. I due immaginarono un enorme concerto umanitario da realizzare parallelamente al Wembley Stadium di Londra ed al John F. Kennedy Stadium di Filadelfia: il Live Aid.

Sabato 13 luglio 1985 ebbe luogo il più grande evento nella storia della musica, che smosse una macchina umanitaria e una kermesse musicale senza precedenti. 70 famosi artisti riuniti sullo stesso palco. Oltre 150 milioni di sterline raccolte. 2 miliardi di telespettatori, in circa 150 Paesi, incollati davanti alle televisioni.

Si tratta del più grande collegamento via satellite di sempre. Un “Global Jukebox” che prese il via con Rockin’ All Over the World degli Status Quo.

I problemi tecnici e la magia della musica

In un simile carosello non mancarono inevitabili problemi tecnici. Paul McCartney rimase senza microfono durante la sua esecuzione al pianoforte di Let It Be. Bowie, Pete Townshend, Alison Moyet e lo stesso Geldof si unirono a lui sul palco per accompagnarlo.

I momenti da ricordare sono molti. La perfezione tra la voce di Brian Ferry e la chitarra di David Gilmour, ad esempio. Oppure l’esecuzione di ‘Bad’ che ha consacrato gli U2 al grande pubblico. Il Live Aid vide anche la reunion dei Black Sabbath e quella dei Led Zeppelin, con Phil Collins alla batteria. Ma il set che ha fatto la differenza sono stati i 20 minuti esplosivi dei Queen.

Ognuno dei due eventi si concluse con il brano umanitario del rispettivo continente. Per gli USA “We are the World“, per l’Europa quel canto natalizio, che aveva dato il là al sogno.

Gli artisti sul palco

Gli artisti presenti erano tutte stelle del firmamento musicale dell’epoca. A Wembley salirono sul palco gli U2, Dire Straits, Sting con Phil Collins, Bryan Ferry con David Gilmour, Elton John, Paul McCartney, The Who, David Bowie e Queen.

A Filadelfia Joan Baez, Bryan Adams, Eric Clapton, Duran Duran, Mick Jagger con Tina Turner, Santana, Paul Simon, Crosby Stills e Nash, Neil Young, The Beach Boys, Madonna, Tom Petty and The Heartbreakers, Stevie Wonder, Phil Collins, Bob Dylan e Black Sabbath.

Phil Collins volò su un Concorde supersonico messo a disposizione dalla British Airways e si esibì su entrambi i palchi a distanza di poche ore.

Le inevitabili polemiche

Un evento così grande non poteva non creare polemiche. Subito dopo lo show ci furono alcune speculazioni sulla mancata partecipazione dei Tears for Fears, originariamente scritturati per esibirsi a Filadelfia. La mattina del 13 luglio 1985, fu annunciato che il gruppo non avrebbe più partecipato. Ufficialmente venne dichiarato che i contratti di Andrew Saunders e  William Gregory erano scaduti. La band assicurò che avrebbe donato all’organizzazione di Geldof i proventi delle quattro più importanti date del loro tour. Un paio di mesi dopo fu rivelato il vero motivo della mancata partecipazione all’evento. Orzabal, leader del gruppo, pretendeva garanzie da Geldof sul fatto che i soldi raccolti fossero effettivamente utilizzati per combattere la fame nel mondo. Fu anche detto che Geldof fece del pressing sulla band perché partecipasse dicendo che “i Tears for Fears avrebbero contribuito alla morte di mezzo milione di africani se non si fossero esibiti.

Anche Bob Dylan ha dato adito ad alcune polemiche per questa sua affermazione:

Spero che una parte del denaro… forse uno o due milioni… e usarla per pagare le ipoteche su alcune delle fattorie, dovute alle banche…”

La band anarchica Chumbawamba ha pubblicato un album chiamato “Pictures of Starving Children Sell Records” (Le immagini di bambini che muoiono di fame fanno vendere dischi, ndr) nel 1986. Dipingono il Live Aid con cinismo, suggerendo che gli artisti partecipanti fossero lì per sé stessi tanto quanto per le persone che si professavano di aiutare.

Altri musicisti criticarono l’operazione nelle loro canzoni tra i quali i Faith No More ed i nostri Elio e le Storie Tese. Morrissey degli Smiths addirittura accusò Geldof di ipocrisia ed attaccò il Band Aid: “Non ho paura a dire che penso che la Band Aid sia stata diabolica. O di dire che Geldof sia un personaggio nauseante. Molti lo ritengono inquietante e io lo dirò forte. Il disco era terribile, considerando i talenti coinvolti. Uno può avere grande preoccupazione per il popolo etiope, ma è un’altra cosa rispetto a infliggere torture quotidiane al popolo inglese. Era la cosa più ipocrita mai fatta nella storia della musica pop. La Thatcher e la famiglia reale potrebbero risolvere il problema etiope in dieci secondi. Ma la Band Aid ha evitato di dirlo, rivolgendosi invece ai disoccupati.”

Nonostante ammira la generosità di Geldof, il conduttore TV Bill O’Reilly è critico riguardo alla svista del produttore del Live Aid sui soldi raccolti. Ha detto, nel 2005, che parte dei fondi sono stati rubati da Menghistu Hailé Mariàm e la sua armata. Dicendo che “le donazioni devono essere controllate da organizzazioni a scopo benefico e non dai governi che potrebbero essere corrotti.

Alessandro Carugini

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