Nel nuovo appuntamento della rubrica Classicamente, le Matronalia; celebrazioni delle antiche donne romane in onore di Giunone Lucina, “colei che porta i bambini alla luce”.

Matronalia, la festa della donne in epoca romana

L’attuale festa della donna celebrata l’8 Marzo risale alle Matronalia: le antiche celebrazioni in onore della Dea Iuno Lucina, primordiale figura di Giunone; Iuno Lucina era legata al ciclo lunare dei primitivi popoli italici nonché era la custode del parto e del matrimonio, spesso raffigurata nell’atto di allattare. Le Matronalia si celebravano alle calende di Marzo ( 1° Marzo) . A tal proposito, queste date erano anche note come Femineae Kalende, ”calende della femmina”, poiché dedicata alle donne.

Le donne romane portavano fiori e incenso al tempio di Giunone Lucina sull’Esquilino, la cui costruzione pare risalga proprio al 1º Marzo 375 a.C.. In questa occasione, le donne facevano voti per la gloria dei loro mariti mentre, quest’ultimi, recavano doni alle moglie e alle madri. Ovidio nomina le Matronalia all’interno dei Fasti:

“Portate fiori alla dea; questa dea ama le piante in fiore; fate corone di fiori da mettere intorno alla testa. Dite: ‘O Lucina, tu ci hai dato la luce’. Dite ‘Tu sii propizia al desiderio delle partorienti’. 

Le Matronalia, istituite da Romolo, erano le feste delle matrone romane la cui origine scaturisce dalle donne sabine che si erano frapposte tra i mariti e i padri, pronti per scendere in battaglia, a causa del leggendario episodio che passò alla storia come il Ratto delle Sabine. Inizialmente erano delle cerimonie riservate alle donne che avevano contribuito alla cessazione della guerra ma, in seguito, si estesero alle donne romane sposate e libere.

La figura della matrona romana

Le matrone romane erano coloro che possedevano cittadinanza romana e avevano contratto matrimonio con un uomo romano libero. L’unico compito della matrona era quello di curare la domus sotto la tutela del pater familias, il padre o l’eventuale marito. La mater familias non ricopriva cariche pubbliche né si interessava della vita politica; in quanto matrona doveva essere esempio di fedeltà: dignitosa e dedita a una corretta manutenzione della casa e dei figli. Esente dal lavoro domestico o agricolo, il suo potere si esercitava solo all’interno delle mura della propria casa, esclusivamente per dirigere schiavi o servi che, in segno di rispetto, la chiamavano appunto Domina (padrona).

Matronalia, i rituali e le celebrazioni

Le celebrazioni si svolgevano nel bosco sacro di Giunone sull’Esquilino, riservate solo ai membri della famiglia escludendo celibi e prostitute. I cerimoniali erano una sorta di rappresentazione del matrimonio passato; lo sposo recava doni alla moglie, la sposa lodava il marito. Tuttavia, le lodi erano tessute da mogli e madri solo se lo sposo aveva acquisito onori in battaglia; in segno di ammirazione si lodava la prestanza del soldato e i valori, in quanto marito e figlio. Le donne assenti erano, invece, coloro le quali erano mogli o madri di soldati che avevano perso una battaglia o non avevano combattuto con valore così, per la vergogna, stavano in casa non mostrandosi in pubblico.

Il collegamento con Iuno Lucina, Dea italica protettrice del parto, in seguito trasforma la festività nella celebrazione della nascita; pur non tralasciando di esaltare gli uomini in quanto figli di Marte e, pertanto, guerrieri. Proprio per esaltare il lato materno delle donne, durante le Matronalia si era soliti preparare banchetti in cui partecipavano anche schiavi e in cui erano le stesse matrone a servire. Un capovolgimento sociale, come avveniva nei Saturnali, solo per sottolineare la gerarchia per tutto il resto dell’anno.

Stella Grillo

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