Memorandum Italia-Libia: stop o rinnovo alle violenze?

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Di Francesca De Fabrizio

Si discute sulla sorte del Memorandum Italia-Libia, che dal 2017 supporta la Libia nella lotta contro l’immigrazione clandestina, finanziando i centri di accoglienza che si occupano delle “condizioni dei migranti illegali”. Come se ne occupano: abusi, violenze, torture, schiavitù. Sarà rinnovato anche dal nuovo governo? Il 26 ottobre la manifestazione sull’Esquilino: #nonsonodaccordo

Memorandun Italia-Libia

Photocredit: ilfattoquotidiano.it

Dal 2017 l’Italia sostiene finanziariamente i crimini di guerra della Libia. Quelli che formalmente dovrebbero essere aiuti per riportare i migranti illegali nel proprio paese, diventano ausili alle peggiori violenze (44 milioni di euro spesi ad oggi). Nel 2018 è stata dichiarata l’area SAR libica: tutto il potere è nelle mani delle autorità libiche, che possono soccorrere e assegnare il porto di sbarco: la Libia, ovviamente.

Le conseguenze: il Mediterraneo è un mare di morte, oltre 19.000 le persone morte o disperse registrate tra il 2014 e i primi 3 mesi del 2022. Nel 2021 il caso della motovedetta Ras Jadir donata dall’Italia: un video la ritrae sparare addosso a una barca piena di migranti. Nemmeno questo è servito a cambiare le cose. I più sfortunati non muoiono subito ma vengono rimpatriati. Inizia per loro una serie di violenze, abusi e torture. Donne, uomini e bambini scomparsi senza lasciare traccia dopo aver subito maltrattamenti di ogni genere.

Ignorando completamente l’art.80 della Costituzione, il Memorandum non è mai stato formalmente discusso in Parlamento. Le possibilità di abrogazione sono minime, anzi, in tutti i programmi elettorali di centro destra si è ribadita l’alleanza con la Libia. Ma se la politica non agisce, vengono in soccorso le associazioni: Oxfam, Tavolo Asilo e Immigrazione hanno indetto una conferenza stampa il 26 ottobre. Lo slogan #nonsonodaccordo sarà ripetuto durante la manifestazione sull’Esquilino: contro le violenze, contro l’ignoranza colpevole della legge.

Francesca De Fabrizio

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