Pirandello incontra il Terzo Millennio con il VR: “Così è (o mi pare)”

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Di Redazione Metropolitan

Per me, io sono colei che mi si crede” / “Ed ecco, o signori, come parla la verità“. Una risata cinica. Sipario. Così si chiude “Così è (se vi pare)“, uno dei testi centrali del drammaturgo agrigentino. Non è un caso che Elio Germano abbia scelto proprio questo testo per far incontrare un classico italiano e la contemporaneità: Luigi Pirandello e il VR.

L’operazione di Elio Germano ha un nome: “Così è (o mi pare)“. Un nome programmatico che sottolinea, da un lato, la volontà di riscrittura del notissimo testo pirandelliano senza aderire pedissequamente all’originale e, dall’altro, la centralità della soggettività, dell’Io, dello spettatore che viene messo al centro.

“Così è (o mi pare)”

Lo spettacolo è stato presentato al Romaeuropa Festival a settembre 2021. La responsabilità registica è divisa tra Germano e Omar Rashid, che si è occupato nello specifico della regia in VR. Tuttavia è interessante soffermarsi in particolare sull’adattamento firmato dall’attore romano.

Innazitutto il dramma del Signor Ponza e della Signora Frola piomba in un presente in cui l’ossessione di conoscere le vite degli altri si fa forte di un nuovo strumento: i social network. Prima di calarsi nella loro storia, il pubblico si siede, indossa visore e cuffiette. Si dà inizio alla narrazione e lo spettatore si ritrova in un salotto, al centro della scena, nel corpo di uno dei personaggi.

Seduti su una sedia a rotelle, ci si scopre nei panni di Laudisi, l’inedito padre anziano dell’alter ego di Pirandello, Lamberto Laudisi. Gli altri presenti si rivolgono a questo personaggio e a volte lui risponde persino: si è al centro. Nel pieno dell’azione, in questa nuova forma artistica tra cinema, teatro e videogioco.

Si è nel mezzo di quel chiacchiericcio violento sulle vicende e i drammi altrui che Pirandello mette in scena nella sua opera. Germano, con un’intuizione acuta, inserisce i social in questa storia di indifferenza e distacco che lascia che la curiosità si trasformi in disumanità. E in questo contesto i visori sono parte della poetica dello spettacolo: sono uno strumento che dà l’impressione di spiare, guardare, osservare senza essere visti e viste.

Perchè Pirandello in VR?

Da tempo Elio Germano si occupa di realtà virtuale (VR) e la considera un’opportunità di far sperimentare al pubblico una “posizione di scomodità“. Ma in cosa consiste questa scomodità? Nell’essere al centro del dramma, nell’essere immerso nello spettacolo a 360°, nel dover scegliere il proprio punto di vista.

Con un testo di Pirandello questo acquista maggiore forza. [La scomodità] ha un senso se il testo è una critica fatta a noi stessi e in questo tutte le opere pirandelliane colpiscono nel segno. Poi c’è il gioco della creazione di una realtà che non esiste, a cui noi crediamo, ma che di fatto non esiste. Qui si amplifica l’efficacia della scelta del VR per adattare Pirandello.” riporta Napoli Today in un’intervista all’attore e regista.

L’intento è quelllo di portare il pubblico al centro della storia per farlo colpire dall’accusa di Laudisi: renderlo oggetto di quell’accusa. Inoltre, l’utilizzo della realtà virtuale permette al messaggio del testo di agire su due piani. Uno narrativo, in cui la verità non esiste: non è possibile afferrarla, perchè ognuno possiede una sua verità. Per questo non si può conoscere la “vera” identità della donna che appare alla fine.

E un piano più concreto e, paradossalmente, al contempo filosofico. Ogni particella in cui il pubblico si frammenta può decidere dove guardare, può scegliere un punto di vista e questo determinerà la visione dello spettacolo che porterà con sè dopo il “sipario”. Ma non solo, “Così è (o mi pare)” propone una realtà virtuale: fa sperimentare uno spazio, fa vivere un’esperienza tra persone che interagiscono con lo spettatore/personaggio, ma in realtà non ci sono. Non sono vere.

Pirandello e Vr, quindi, si integrano alla perfezione in una di quelle rare operazioni che guardano alla contemporaneità dell’arte, senza dimenticare la coerenza dei contenuti. Così è. O mi pare.

Debora Troiani

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