“Shutter Island”: uno scorcio sulla creazione del thriller psicologico di Martin Scorsese

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Di Redazione Metropolitan

L’acclamato regista Martin Scorsese nel 2009 propone alle sale “Shutter Island”, thriller psicologico sulla cui trama poco si può dire senza tradire il futuro spettatore. L’atmosfera simil-gotica, cupa e soffocante fa da sfondo ad una vicenda violenta e ad un mistero inquietante, ambientato sull’isola di Shutter, in un ospedale dedicato a criminali con disturbi psichiatrici.

Al centro di questa vicenda troviamo l’agente federale Edward Daniels, lungo la pellicola “Teddy”, interpretato da un Leonardo di Caprio che indaga sulla scomparsa di Rachel Solando, paziente dell’ospedale che sembra svanita nel nulla.

Lasciando allo spettatore il gusto di scoprire come il mistero si piega su se stesso ed implode, si vuole qui dare spazio a come questa labirintica trama sia stata costruita da Scorsese attraverso le sue scelte e lo sguardo ai suoi modelli.

“Shutter Island”, frutto di un sodalizio artistico che travalica i generi

Basato sull’omonimo romanzo firmato da Dennis Lehane e pubblicato nel 2003, il thriller di Scorsese segna la quarta collaborazione tra il regista e l’attore Leonardo Di Caprio, nonché l’unica che non si guadagnò alcuna nomination agli Oscar.

In quegli anni i due stavano in realtà lavorando a un film di tutt’altro genere, per il quale però non riuscirono a trovare dei finanziatori: “The Wolf of Wall Street”. Ironia della sorte, quello fu il film che superò il record personale del regista, conquistato con i 40,2 milioni di dollari nel weekend di apertura di “Shutter Island”.

Dove, quando e come: la costruzione tecnica dell’immaginario

La creazione dell’universo in cui si muovono Teddy e il suo collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) si è basata sulla fusione di elementi di luoghi esistenti, combinati con la CGI. L’isola di Shutter, patria delle anime tormentate al centro del thriller, nasce quindi dell’accostamento di Peddocks Island del porto di Boston, il Medfield State Hospital di Medfield e la Rice Estate al Turner Hill Country Club di Ipswich

Tra gli aspetti tecnici delle riprese, vale la pena ricordare che che si tratta dell’ultimo film che Martin Scorsese gira interamente su pellicola. Originariamente il regista avrebbe voluto girare alcune sequenze, legate alla sfera onirica, con camere da 65mm, che permettono di impressionare fotogrammi di maggiori dimensioni, guadagnando nella definizione delle immagini.

Questa scelta avrebbe reso “Shutter Island” il primo di 5 grandi film girati con camere da 65mm e che si sarebbero succeduti negli anni ’10. Gli altri sarebbero stati “The Master”, “Dunkirk”, “Assassinio sull’Orient Express” e “The Hateful Eight”. Tuttavia durante la seconda giornata di riprese notturne, le camere smisero di funzionare e solo alcune inquadrature girate in 65mm furono incluse nel film.

Lo sguardo di Scorsese al passato

Devo ammettere che in “Shutter Island” ci sono diversi riferimenti al cinema tedesco e americano degli anni Quaranta e Cinquanta… Billy Wilder, innanzitutto, ma anche Otto Preminger, di cui ammiro un film intitolato “Vertigine”, che ho fatto vedere ai miei attori e alla troupe.”

Il mondo di “Shutter Island” ha quindi delle fondamenta solide che affondano nella tradizione cinematografica tedesca ed hitchcockiana, che Martin Scorsese prende esplicitamente a modello, tanto da organizzare delle proiezioni di film come “La donna che visse due volte” e “Le catene della colpa” di Jacques Tourneur, per far comprendere alla troupe e al cast la linea stilistica che avrebbe voluto adottare.

Ma dietro la suspence, i colori cupi e l’atmosfera tesa del film ci sono anche gli zombie movies a basso budget degli anni ’40, in particolare quelli di Val Lewton. Un vero mosaico di riferimenti intertestuali, che si compongono per creare una pellicola densa, intensa, inquietante ed emozionante al contempo, che riesce ad assorbire il pubblico dall’inizio alla fine.

Debora Troiani

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