Stasera in tv “L’ultimo re di Scozia”, le facce di un dittatore

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Di Redazione Metropolitan

Nel 2007 Forest Whitaker vince l’Oscar al miglior attore protagonista per L’ultimo re di Scozia. Il titolo fuorviante non ci porta nelle Highlands britanniche ma in Uganda, magnifica terra dell’Africa orientale in cui Idi Amin Dada governa dal 1971 al 1979. Dittatore sanguinario, autore di svariati crimini di guerra e terribili genocidi, è costretto poi all’esilio in Arabia Saudita, dove muore nel 2003. Una storia vera, quindi, dietro il personaggio interpretato da Forest Whitaker. Una storia che però segue inevitabilmente sullo schermo le regole della narrazione.

L'ultimo re di Scozia - Netflix Lovers
L’ultimo re di Scozia – Netflix Lovers

Luci e ombre dell’ultimo re di Scozia

La pellicola girata da Kevin Macdonald (di recente candidato alla Berlinale 2021 con The Mauritanian) non è un vero biopic, ma un adattamento dal romanzo omonimo del giornalista Giles Foden. La magnificenza di Idi Amin Dada è in effetti vista attraverso gli occhi di una figura fittizia, quella di Nicholas Garrigan, giovane medico scozzese (interpretato da James McAvoy al suo primo ruolo da protagonista). L’introduzione di questo elemento funziona ancor di più sullo schermo, permettendoci di identificarci con chi credette nella grandezza di questo generale salito al Governo con tante promesse.

Diventato quasi per caso suo fidato consigliere, Garrigan inesorabilmente comprenderà cosa nasconde il volto affabile dell’ultimo re di Scozia, uno dei tanti titoli di cui Idi Amin Dada si investì. E noi con lui proviamo così la delusione di chi, tante volte nel corso della Storia, ha creduto in un leader rivelatosi poi un criminale dall’ego pericoloso. Con una tensione crescente osserviamo quindi l’evoluzione parallela dei due personaggi, in un film considerato, alla sua uscita, un capolavoro del genere.

L'ultimo re di Scozia - Photo Credits: Cinematographe
L’ultimo re di Scozia – Photo Credits: Cinematographe

Le trappole del biopic

L’ultimo re di Scozia è forse oggi, da alcuni punti di vista, un film superato. A partire dall’esplicito arricchimento della storia che racconta, in chiaro contrasto con biopic che adesso cercano di rimanere il più fedeli possibile ai personaggi a cui sono dedicati. Ciò che però rimane, al di là delle interpretazioni dei due protagonisti, è il punto di vista. Idi Amin Dada è ai nostri occhi un criminale di guerra. Ma così non fu per parte della popolazione ai tempi, e così continua a non essere percepito da alcuni gruppi etnici dell’Uganda. Ancora oggi alcuni abitanti rimpiangono il grande generale, a testimonianza di un rapporto complesso tra oppressore e oppressi che il film certamente prova a mettere in luce.

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Manuela Famà