Il couturier francese Yves Saint Laurent conquistò gli anni ’60 e ’70, muovendosi abilmente tra lo street style e l’haute couture. Alla sua morte il 1 giugno 2008, fu definito da “Le Figarò”, come il più grande couturier al mondo. Rivoluzionò l’abbigliamento femminile, rendendo popolari i pantaloni e promuovendo la moda prêt-à porter.
L’ascesa di Yves Saint Laurent risale al 1957, quando all’età di 17 anni si recò a Parigi per presentare i suoi disegni al prestigioso concorso del Sécretariat International de la Laine. In giuria era presente Christian Dior che rimase estasiato dai suoi disegni e lo assunse presso la sua maison. Il giovane e talentuoso Yves Saint Laurent, appena ventunenne nel 1957, prese le redini della maison alla morte del suo mentore.
Il sodalizio tra Yves Saint Laurent e Christian Dior
Egli era all’epoca il couturier più giovane al mondo, un peso che seppe portare con estrema grazia e dedizione. La sua prima collezione fu “Trapêze”, nel 1958, composta da abiti corti dalla forma trapezoidale. Aggiungeva alle nuove collezioni la sua “firma”, una ventata di aria fresca e uno stile giovanile, in linea con la società di quegli anni.
La sua ribelle collezione “Beatnik” che risale al 1960, fu molto criticata poiché ispirata alla vita notturna dei club e ai jazz bar parigini. I dolce vita neri e le giacche in pelle procurarono molto disdegno poiché distanti dai codici classici proposti dalla storica maison Dior. Il couturier nello stesso anno si arruolò per la leva obbligatoria e fu sostituito da Marc Bohan.
Nascita della maison
Dopo il suo licenziamento ingiustificato, Yves Saint Laurent decise di aprire la sua maison di moda. Insieme al compagno Pierre Bergé, diedero vita al binomio stilista-manager. La sua prima collezione nel 1962, attingeva allo street style. Probabilmente uno dei primi esempi di “bubble up”: quando la moda si ispira alla sottocultura. Negli anni Sessanta rivoluzionò il vestiario femminile, rendendo le sue collezioni le antenate del movimento gender fluid dei nostri giorni.
“Le Smoking” non passò inosservato. Un primo passo verso l’abbigliamento unisex con l’aggiunta dei pantaloni che da li a poco divennero un punto fermo dell’abbigliamento quotidiano femminile. Un capo da tutti i giorni che tuttavia, non era indicato per le donne, tanto che le si vietava l’ingresso anche ad un ristorante. Lo stilista nutriva un profondo amore per l’arte, e nel 1965 lo manifestò creando capi ispirati a Mondrian e alla Pop Art. Lineari e decorati con aree di colori primari, sembrava quasi di indossare l’opera d’arte stessa.
La moda che inseguiva i movimenti degli anni Settanta
Alla fine degli anni Settanta, il couturier si lasciò ispirare dai motivi etnici e propose per la collezione “African”, giacche e abiti in stile safari. Egli attingeva sempre ad elementi di altre culture, un curioso che si interessava ai cambiamenti sociali non solo della sua cultura ma anche e soprattutto di quelle più lontane. Questo suo interesse influenzò la moda hippie, dagli abiti con piume esotiche ai cappotti di pelliccia glamour.
La “liberazione” della donna dai codici classici dei primi anni Quaranta avvenne grazie alla collezione “Libération” di Yves Saint Laurent nel 1971. I capi ripresi e rielaborati, proponevano spalle squadrate, donando alla silhouette femminile una presentazione più austera e d’impatto. I codici dell’abbigliamento vennero da lì in poi stravolti, resi accessibili ad ambedue i sessi. Personaggi come David Bowie ed Elton John adottarono subito questa fluidità, proponendosi come pionieri del nascente Glam Rock.
Al servizio delle donne: il cambio di rotta della maison Saint Laurent
Yves Saint Laurent portò l’aristocrazia della haute couture in un prêt-à porter per le donne, che si allontanava dai codici mascolini per abbracciare uno stile più pittorico, dato non solo dai colori ma soprattutto dalle forme. Gli anni Novanta non furono fiorenti per lo stilista, circondato da nuove contaminazioni come il glamour grunge di Gucci e la nuova idea di chic di Miuccia Prada. Yves Saint Laurent rimase fedele alla sua idea di essere “al servizio” delle donne. Decise di lasciare il mondo della moda nel 2002, all’età di 65 anni, quasi sconfitto dalle nuove correnti del periodo, non più in linea con il suo stile e pensiero.
La guida della maison passò in diverse mani da Gucci, a Hedi Slimane che nel 2012 vide cambiare il nome della griffe in “Saint Laurent Paris”. Il rebranding impose una linea stilistica più rock e attinse alla sottocultura di Los Angeles. L’anno seguente il posto di direttore creativo passò a Anthony Vaccarello. Un cambio che non passò inosservato soprattutto dopo la controversa scelta di eliminare dai profili social del marchio il “periodo Slimane” per proporre il ritratto del nuovo direttore creativo. Ad oggi il marchio è di proprietà del gruppo Kering e produce esclusivamente prêt-à porter.
Silvia Colaiacomo