Nel video di Don’t Come Around Here No More, in un alternativo Alice nel Paese delle Meraviglie, nei panni di un grottesco Cappellaio Matto, troviamo Tom Petty. Il video, la canzone e, in generale, l’album in cui è contenuta, Southern Accents, potrebbero rivelarsi funzionale metafora del biondo rocker americano: romanticamente votato alla causa della tradizione rock ma sempre pronto a tirare fuori dal cappello qualche sorpresa.
“Avevo 8 anni quando vidi per la prima volta Elvis, sul set di “Follow That Dream”, in Florida. Rimasi affascinato e decisi di vendere la mia fionda in cambio di un box con i suoi 45 giri.”
C’era una volta in America
È una storia tutta americana quella di Tom Petty: nacque in Florida e visse un’infanzia tranquilla, fin quando fu folgorato dalla visione di Elvis Presley e decise che sarebbe diventato un cantante. Ad undici anni imbracciò la sua prima chitarra e a diciassette lasciò la scuola per dedicarsi totalmente alla musica. E per farlo si trasferì ad Hollywood.
Formò diverse band fin quando nel ’76 uscì il disco d’esordio di Tom Petty & The Heartbreakers: senza lasciarsi ingannare dal canto delle sirene del punk e della new wave che impazzavano in quel periodo, Petty si fece portavoce della più classica tradizione rock, guardando ai grandi maestri come il Messia Elvis, ma anche a Dylan, agli Stones e agli Who. Il tutto filtrato dal suo speciale sguardo di ragazzo del sud che cantava di losers e amori infranti. Il primo singolo fu la scalpitante American Girl. Il nome di Petty iniziò a farsi conoscere prima in terra inglese e poi in patria.
Il futuro della canzone americana nella nostalgia del passato: il classic-rock non passa mai di moda
Sin dagli inizi, Petty percepiva che la sua musica era un po’ fuori tempo: “troppo hard per gli amanti del mainstream e troppo soft per i punk”. Ma le sue gallerie di amanti, sognatori e perdenti conquistarono comunque il cuore degli americani. La formula rock che prevede riff di chitarra, intrecci acustici ed elettrici, ballad, sguardi alla tradizione folk così come al blues, furono sempre il marchio di fabbrica di Petty. Figura del rocker senza macchia, con uno stile melodico e modi eleganti e raffinati tutti personali.
La resurrezione del classic-rock trovò l’apice della realizzazione in Damn the Torpedoes del ’79. Disco che vendette milioni di copie e consacrò definitivamente Petty e gli Heartbreakers. Brani capolavoro come Refugee o quella Even the Losers che parla direttamente al pubblico prediletto del rocker: anche i perdenti hanno fortuna qualche volta. In Tom Petty e nel suo sguardo sempre rivolto al passato, si iniziò, paradossalmente, ad intravedere il futuro della canzone d’autore americana.
Le straordinarie sorprese del cilindro del Cappellaio Matto del Rock
“I was born a rebel
Down in Dixie on a Sunday morning
Yeah with one foot in the grave
And one foot on the pedal” da Rebels
Nel corso della sua carriera, lo stile di Petty ha avuto modo di affermarsi, consolidarsi e guadagnarsi l’apprezzamento e la stima di alcuni fra i più grandi artisti. Lo stesso Dylan collaborò con lui in più occasioni ed arrivò ad affermare “Gli Heartbreakers sono come una persona sola. Sono l’ultima grande rock band americana.” Ma il continuo rifarsi alla tradizione non ha impedito a Tom di innovarla, lanciando il proprio sguardo anche oltre, verso il pop e verso suoni più elettronici. Emblematica è l’esperienza di Southern Accents, con la collaborazione di Dave Stewart, in cui Petty riesce in maniera equilibrata a spaziare tra il rock classico e suoni più sperimentali.
Allo stesso modo, nei suoi lavori solisti, è riuscito a raggiungere uno stile prettamente personale, ancora diverso da quello peculiare degli Heartbreakers. Full Moon Fever dell’89 è un assoluto capolavoro, in linea con il sound sofisticato del finire degli anni ’80. La sublimazione di tutto ciò che gli stava a cuore, dalle immense praterie americane, ai loro abitanti solitari e fieri, il tutto raccontato con il suo caratteristico pizzico di ironia che evita sempre lo scadere nella retorica.
Tom Petty, il paladino del Rock and Roll
Tom Petty & The Hertbreakers hanno conquistato anche la loro stella sulla Walk of Fame (1999) e il meritato ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame (2002). Il rocker ha, inoltre, fatto parte di una delle più grandi all star band di sempre, i Traveling Wilburys, insieme a Bob Dylan, George Harrison e Roy Orbison. È mancato tragicamente nel 2017 a soli 66 anni, per un’overdose accidentale di farmaci ed oppiacei assunti per sopportare il dolore ad un’anca fratturata. Aveva appena terminato il tour per i 40 anni degli Heartbreakers.
Pur avendo venduto milioni di dischi, in più di un’occasione, il rocker si è scagliato contro lo strapotere delle case discografiche e ha criticato la deriva del mondo della musica, di quella rock in particolare, schierandosi dalla parte dell’indipendenza artistica. Ne è concreto esempio l’album The Last Dj. Il paradosso di Petty sta nel fatto di essere riuscito a risultare sempre onesto e credibile, nonostante fosse di fatto ormai una star milionaria. In perfetta coerenza con ciò di cui ha sempre cantato, ovvero quei losers solitari d’America. Eterno eroe nostalgico del rock americano, giubbotto di pelle e capelli biondi al vento, sempre con “un piede nella fossa e l’altro sul pedale”. L’ultimo dj è lui, fieramente a difesa dello spirito libero del Rock and Roll.
Emanuela Cristo
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