L’estate è, senza dubbio, la stagione più attesa da (quasi) tutti. Il clima mite, le giornate più lunghe, la sensazione di essere sospesi nel tempo e lontani, almeno per un po’, dalla quotidianità. Oggi siamo abituati a celebrare questi mesi attraverso feste, usi e costumi, e anche in passato, accadeva lo stesso. In epoca classica, la Grecia e Roma erano ricche di leggende e usanze ad essa accostate e profondamente radicate nella società e nella cultura di allora.
Dal solstizio alle prime settimane di settembre, un susseguirsi di festività antiche e sentite dalla popolazione offrivano una spiegazione divina a fenomeni atmosferici o naturali, e altre ricorrenze erano un’occasione di comunione e unione tra cittadini di ogni estrazione ed età.
Estate: il mito di Persefone
Tra i miti ellenici più celebri spicca certamente quello di Persefone, o Proserpina, nella versione romana, legato in modo indissolubile all’avvicendarsi delle stagioni. Persefone era figlia di Demetra, protettrice dei raccolti, e Zeus, o, secondo fonti diverse, di Zeus e della dea Stige. Quando Ade, sovrano dell’oltretomba, s’invaghì di lei, attirò la fanciulla con l’inganno. Mentre era intenta a raccogliere fiori, rimase colpita da uno splendido narciso ma, quando si chinò per coglierlo, si aprì una voragine infernale dalla quale emerse il dio dei morti, che la condusse con sé per sposarla.
Una volta agli inferi, alla giovinetta fu offerta della frutta. Senza particolare appetito, la malcapitata mangiò sei arili di melagrana, non sapendo che chi mangia un frutto nell’aldilà è costretto a restarvi per sempre. La madre, dea della fertilità e agricoltura, disperata per la figlia perduta, abbandonò la Terra a un rigidissimo e infinito inverno. Zeus, infine, intervenne stabilendo che Persefone sarebbe dovuta restare accanto al marito il numero di mesi equivalente ai semi mangiati, e che i sei mesi restanti avrebbe potuto fare ritorno in superficie. La mamma accoglieva la periodica restitiuzione della fanciulla facendo rifiorire la natura in primavera e in estate, per poi lasciarsi andare al dolore della perdita in autunno e in inverno. Le due stagioni più calde, dunque, sono l’impronta divina sul creato della gioia e della resurrezione della flora e del mondo intero.
Il solstizio d’estate nell’antichità
Il solstizio d’estate cade intorno al 21 giugno, momento dell’anno in cui il sole raggiunge la sua altezza massima nell’emisfero boreale. Il giorno segna anche l’inizio ufficiale della bella stagione. Viene da sé, dunque, che l’evento sia sempre stato onorato. Nell’antica Grecia i giorni del solstizio prendevano il nome di “Porte”, per indicare la possibilità di comunicare o addirittura accedere al mondo degli Dei. Un portale magico tra due dimensioni lontane, avvicinate solo momentaneamente da una potente energia.
Nella tradizione di Roma, entrambe le feste solstiziali erano dedicate a Giano bifronte, dio dal duplice volto; in questi due frangenti astronomici si riteneva che gli spiriti irrompessero nel visibile, portatori di messaggi agli umani. Nel solstizio d’estate il sole raggiunge lo Zenith sulla volta celeste, ma, allo stesso tempo, da il via alla sua fase calante. Allo stesso modo il solstizio d’inverno segna l’inizio della risalita dell’astro, partendo dal punto più basso. Giano, dunque, diventa diventa colui che conduce da uno stato all’altro.
Feste estive nell’antica Grecia
La Grecia è stata, in passato, culla di civiltà e tradizioni. Fra queste, numerose feste scandite da un calendario ben preciso, quello attico, che suddivideva l’anno e indicava i giorni per celebrazioni e sacrifici. Il primo mese a partire dal solstizio d’estate era chiamato Hekatombaión e prendeva il suo nome dalla festa di Apollo del settimo giorno, in cui veniva offerta un’ecatombe alla divinità. Il dodicesimo giorno del mese, invece, era la volta delle Kronia, durante le quali schiavi e padroni banchettavano insieme per rimembrare il periodo aureo di Kronos, quando uguaglianza e ricchezza erano diffuse sul territorio. Il sedicesimo giorno avevano luogo le Sinècle, in ricordo di Teseo, mentre, dal ventuno in poi, si avviavano le Panatenee, in onore di Atena Polias, protettrice di Atene.
Nel mese di Metageitnión, che corrispondeva al bimestre agosto-settembre, veniva inaugurato l’anno finanziario e terminava quello militare. Un po’ come noi, che facciamo i conti con impegni e scadenze accumulate solo dal primo settembre. Le Metagìtnie dedicate ad Apollo servivano a propiziare la coesione della comunità, mentre le Eleusìnie erano riservate a Demetra. Esse consistevano in agoni che prevedevano un premio in grano, per favorire il raccolto.
L’Urbe e le celebrazioni estive
Roma, come prevedibile, non era di certo da meno. Impossibile, anzi, elencare per intero la lista di riti sacri. giorni di festa e celebrazioni presenti nei mesi estivi. Dal 7 al 15 giugno, ad esempio, vi erano i Vestalia, per onorare Vesta e il focolare domestico, ma erano i Ludi Apollinares dal 5 al 13 luglio a rubare la scena. Dedicati ad Apollo, dio del Sole, coinvolgevano l’intera città. Ferragosto era, tuttavia, la più famosa istituzione del periodo. Deriva dalla locuzione latina Feriae Augusti (riposo di Augusto) e fu istituita dall’imperatore Augusto nel 18 a.C. Era un breve frangente di riposo che traeva origine dai Consualia, dedicate a Conso, dio della terra, dei granai e degli approvvigionamenti, che si svolgevano alla fine dei lavori agricoli . L’antico Ferragosto, oltre agli evidenti fini di auto-promozione politica, collegava le principali festività agostane per consentire ai cittadini di rilassarsi per un lasso di tempo, detto Augustali, indispensabile dopo le precedenti settimane di fatica.
Queste particolari ricorrenze, in ogni caso, erano spesso collegate al raccolto e alla fertilità delle coltivazioni; ne sono un esempio i Neptunalia per Nettuno, dio delle acque e dell’irrigazione, utile per i campi. I Volturnalia erano un sacrificio propiziatorio di origine agraria al vento Volturno, per auspicare una stagione ricca e abbondante. Di grande importanza erano anche i Nemoralia, noti anche come Festa delle Torce o di Diana, in cui i partecipanti rendevano grazie alla dea con fiaccolate e addobbi floreali, durante le Idi di agosto (13-15). Un culto legato alla natura e al suo ciclo evolutivo, ma anche alle gestanti; nascita e rinascita, come ogni anno, come ogni estate.
Federica Checchia
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