«Era una notte buia e tempestosa», scriveva il cagnolino Snoopy dall’alto della sua cuccia, battendo a macchina, nella speranza di attirare l’interesse di pubblico e case editrici. Un dubbio legittimo, quello del protagonista dei Peanuts, che si sarebbe decisamente intensificato se avesse vissuto ai giorni nostri. Nell’era dei social e dei TikTok dal ritmo forsennato, catturare l’attenzione più a lungo dei canonici quindici secondi è un’impresa ardua; a vincere sono sempre la velocità e l’immediatezza del messaggio. Nella letteratura, fortunatamente, ci si possono permettere tempi più dilatati; non troppo, però. Per gli autori di qualsiasi epoca, l’annosa questione del «chi bene incomincia è a metà dell’opera», è sempre stata un bel grattacapo. Risultare accattivanti sin dalle prime righe, e convincere un perfetto sconosciuto a proseguire nella lettura può sembrare cosa da niente ma, in realtà, richiede uno sforzo notevole in termini di originalità e creatività.
Se le fiabe se la cavano, tutto sommato, con l’intramontabile «C’era una volta…», la narrativa è tutta un’altra storia, letteralmente. Si tende a pensare che la caratteristica fondamentale di un buon libro sia il finale, ma anche l’inizio gioca un ruolo cardine nella riuscita di un romanzo, o di un racconto. Da Dante Alighieri ad Alessandro Manzoni, fino a colleghi a noi contemporanei, gli scrittori hanno sempre tentato di “cominciare col botto”, per rendere da subito brillante e intrigante la loro opera; a volte il risultato è efficace, altre meno. Ma quali sono gli incipit letterari più celebri e di successo di sempre? La risposta è, naturalmente, soggettiva, ma noi ne abbiamo selezionati alcuni in grado di suscitare curiosità.
Incipit letterari: dall’ira di Achille alle nozze più scomode di sempre
«Cantami, o Diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei».
Speriamo di non aver riesumato ricordi scomodi degli anni del liceo, citando il proemio più studiato, amato e cordialmente detestato nella storia dell’epica. L’Iliade inizia, come da manuale, con l’invocazione alla musa Calliope da parte di Omero, per chiederle di assisterlo nella narrazione. In questo caso, il fulcro del poema e il suo protagonista assoluto sono ben evidenti. Achille, l’eroe più forte e valoroso della Grecia, imbattibile, se non fosse per quel tallone, ha lasciato che la rabbia per l’affronto subito da Agamennone e, successivamente, per l’uccisione di Patroclo, lo travolgesse. Ha scatenato così una reazione a catena, che mieterà numerose vittime in entrambi gli eserciti impegnati nella Guerra di Troia. Chiaro, semplice, e coinciso.
«Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita».
Non servono presentazioni per l’incipit più importante della letteratura italiana. In questo caso, il Sommo Poeta non dà indicazioni circa la trama della Divina Commedia, ma presenta, in appena tre versi, la sua condizione di smarrimento, fisico e spirituale. È solo l’inizio del viaggio più incredibile che sia mai stato compiuto, ma possiamo già identificarci nella sua anima tormentata, e fare il tifo per l’uomo Dante.
«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte».
Dal Padre della lingua italiana si passa ad un caposaldo del romanzo moderno, I Promessi Sposi. Manzoni ci trasporta nel territorio in cui si svolgerà la vicenda, facendoci immergere nella natura placida e immutevole del lago e dei rilievi circostanti. Una calma apparente, che verrà interrotta dal fatale incontro tra il pavido curato Don Abbondio e i Bravi, fedeli scagnozzi del prepotente signorotto Don Rodrigo.
La letteratura italiana contemporanea e l’identificazione con i personaggi
«Stai per cominciare a leggere Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. ».
Italo Calvino sfonda qualsiasi parete e si rivolge direttamente al lettore, offrendogli consigli pratici per quello che sta per accadere, ed entrando all’improvviso, ma con garbo, nell’intimità domestica di chi si accinge a dare una chance al suo manoscritto. Un incipit sui generis per un libro che ricomincia decine di volte, confondendo e ammaliando. Impossibile non farsi “acciuffare” da questa prosa favolistica e surreale.
«Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte… magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America.».
Una manciata di righe sono sufficienti alla delicata penna di Alessandro Baricco per darci la sensazione di essere anche noi su quel bastimento, lo sguardo e i sogni rivolti verso la linea dell’orizzonte, dietro la quale si nasconde il Nuovo Mondo e la speranza di un futuro migliore. Novecento parla di un pianista dotato di uno strabiliante talento musicale, ma troppo spaventato dalla terraferma per prendere in mano il suo destino. Eppure, il leggendario Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento appare in un secondo momento, lasciando il tempo e lo spazio a chi legge per entrare nel suo microcosmo.
«Stamattina mi ha telefonato Rino, ho creduto che volesse ancora soldi e mi sono preparata a negarglieli. Invece il motivo della telefonata era un altro: sua madre non si trovava più.».
Una telefonata, l’inizio di uno dei fenomeni letterari degli ultimi decenni. Giudicato dal New York Times “il libro del secolo”, L’Amica Geniale, la saga di Elena Ferrante, pseudonimo di un’identità ancora sconosciuta, è molto più del racconto di un’amicizia. Lila e Lenù non sono archetipi femminili, ma due donne concrete e così ben caratterizzate da avere la sensazione di conoscerle davvero. Si cresce insieme a loro, e insieme a loro si soffre e si gioisce. La scomparsa di Lila, sul momento non così interessante, con il famoso senno di poi assumerà tutto un altro valore.
Incipit letterari: bambini, ragazzi, maghetti
«Tutti i bambini crescono, tranne uno. Lo sanno presto che cresceranno e Wendy lo seppe a questo modo. Un giorno, quando aveva due anni, giocando in un giardino, colse un fiore e lo portò di corsa a sua madre. C’è da immaginare che la bambina, in quell’atteggiamento, sembrasse deliziosa poiché la signora Darling appoggiò le mani al cuore ed esclamò: “Oh, perché non puoi restare così per sempre?” Questo fu tutto quanto passò tra di loro sull’argomento, ma, da allora, Wendy seppe che sarebbe dovuta crescere. Tutti, dopo i due anni, scopriamo questa verità. I due anni sono il principio della fine.».
In quel “tranne uno”, James Matthew Barrie dice tutto quello che ci serve sapere. Tutti i bambini del pianeta, volenti o nolenti, sono destinati a diventare adulti, accantonando i giochi d’infanzia e dedicandosi ad attività meno divertenti e piene di responsabilità. Tutti, ma non Peter Pan. Ma, in fondo, chi di noi non ha pensato, almeno una volta, di mollare tutto e andarsene sull’Isola che non c’è?
«Se davvero volete sentirne parlare, la prima cosa che vorrete sapere sarà dove sono nato, e che schifo di infanzia ho avuto, e cosa facevano e non facevano i miei genitori prima che nascessi, e altre stronzate alla David Copperfield, ma a me non va di entrare nei dettagli, se proprio volete la verità.».
In apparenza sfacciato, ma nel profondo estremamente sensibile e fragile, Il giovane Holden, personaggio creato da J.D. Salinger, rappresenta alla perfezione i turbamenti e le paure tipiche dell’età più burrascosa, l’adolescenza. Autodichiaratosi vigliacco, vaga per le strade della Grande Mela dopo essere stato espulso, terrorizzato all’idea di tornare a casa. Un girovagare che si rivelerà formativo e indispensabile per la sua maturazione.
«Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.».
Nulla possono quei Babbani dei coniugi Dursley contro il potere della magia. Una famiglia inglese borghese e normale, ma collegata, suo malgrado, a un mondo totalmente diverso. Harry Potter è, senza dubbio, un caso editoriale incredibile e irripetibile. La scelta di non partire da Hogwarts, ma dall’anonima Privet Drive, serve a rendere ancora più palese il contrasto tra la banale routine di Vernon e Petunia e il variopinto universo di Harry, Ron, Hermione & Co. Quelle “cose strane e misteriose”, appena accennate, sono solo un’ombra di tutto quello che sarà.
Eroine e antieroi della letteratura
«È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie. ».
Una frase, uno spaccato preciso e arguto della società ottocentesca. Jane Austen ha fatto della romantica ironia il suo marchio di fabbrica e, in Orgoglio e Pregiudizio, si scatena nell’eviscerare i paradossi della borghesia di allora, fatta di tradizioni e chiacchiericcio. Lizzy Bennet e le sue sorelle devono sposarsi: lo sostiene la madre, lo ribadiscono i parenti e i costumi dell’epoca. Non è bene che delle fanciulle, seppur prive di dote, restino sole a lungo, e tutti s’impegnano a trovar loro dei candidati, a volte improbabili. Per fortuna, la caparbietà della protagonista avrà la meglio sulle convenzioni, e l’Amore trionferà sull’interesse. Un happy ending diverso da quello che la scrittrice ha scelto per se stessa, ma egualmente libero.
«Tutte le famiglie felici sono felici allo stesso modo; ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.».
Regina delle eroine tragiche, Anna Karenina è un’aristocratica bella e intelligente, che ha San Pietroburgo ai suoi piedi. Una vita coniugale insoddisfacente, la porterà tuttavia a cercare altrove il calore della passione; una scelta che la renderà dapprima entusiasta come mai era stata, per poi farla sprofondare nell’abisso di quell’infelicità anticipata già nelle prime parole del romanzo di Lev Tolstoj.
«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta.».
L’ossessione del professor Humbert per la figliastra dodicenne Dolores si evince con facilità sin dall’incipit della contestata opera di Vladimir Vladimirovič Nabokov. La smania di farla sua, il pensiero fisso, una forza incontrollabile. Una storia scabrosa e scandalosa, che ha portato generazioni di lettori a interrogarsi circa il confine sottile tra sentimento e desiderio di possesso.
Incipit letterari: dire tutto in poche parole
«Se io debba risultare l’eroe della mia vita, o se questo posto debba essere tenuto da un altro, lo mostreranno queste pagine.».
“Figlio preferito” di Charles Dickens, per sua stessa ammissione, David Copperfield è uscito a puntate mensili su un giornale di proprietà dello stesso scrittore. Per questo motivo, destare e ridestare l’interessamento del pubblico era fondamentale. Il protagonista, ci lascia dunque con un quesito, “chi è l’eroe nella vita di Copperfield?”, che potrà trovare risposta solo continuando a seguire le sue avventure.
«Una mattina Gregor Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso.».
Pochissime parole, che però riassumono in toto La Metamorfosi di Franz Kafka. Il povero Gregor, coricatosi uomo, si risveglia insetto. Un colpo di scena descritto sin dalla primissima scena, che ci catapulta senza partire dal via nel pieno dell’azione. Ovvio proseguire, e scoprire se il protagonista riacquisterà o meno le sue sembianze.
«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.».
Anche in questo caso, il plot twist si trova nella prima riga del romanzo. Quello che potremmo erroneamente considerare un personaggio marginale, si rivelerà ben presto essere uno dei pilastri del racconto, e Cent’anni di solitudine preannuncia la sua dipartita già nell’incipit, con buona pace degli spoiler. Una mossa azzardata, forse, ma vincente. Gabriel García Márquez ha pubblicato il suo libro nel 1967 ma, da allora, nessuno ha mai saputo staccarsi dalle pagine da lui scritte, rapiti da Aureliano, Arcadio, Amaranta e tutti i membri della famiglia Buendía, perché «le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.».
Federica Checchia
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