Il 9 Dicembre 1641, a Londra, morì Antoon van Dyck, un celebre pittore fiammingo noto soprattutto per i suoi ritratti. Egli, infatti, fu il primo pittore di corte in Inghilterra; ha elaborato numerosi ritratti per Carlo I, la sua famiglia e la nobiltà genovese. Antoon fu allievo di Pieter Paul Rubens, un noto pittore fiammingo che secondo Giuliano Briganti “può considerarsi l’archetipo del barocco”.

Antoon van Dyck, il ritrattista fiammingo: biografia

“Personalmente io stimo van Dyck e Rubens superiori a tutti i pittori del mondo”.

Friedrich Nietzsche

Van Dyck nacque nel 1599, settimo figlio di una ricca famiglia borghese. Entrò per la prima volta in bottega giovanissimo, mentre nel 1621 compirà un viaggio in Italia durato ben sei anni. La prima tappa fu Genova, dove ricevette numerose commissioni dall’aristocrazia e dalla borghesia; il fatto che fosse stato allievo di Rubens lo aiutò molto. Il suo utilizzo della luce gli permise di rendere eleganti e autorevoli i soggetti dipinti. Successivamente si spostò alla corte di Ferdinando II di Asburgo, per poi diventare pittore ufficiale di Carlo I a Londra, dove risiedette stabilmente fino alla fine dei suoi giorni. Sposò una donna nobile inglese che purtroppo morì a soli 42 anni, pochi giorni dopo aver dato alla luce la prima figlioletta.

Carlo I Stuart, il re d’Inghilterra, è senza dubbio tra i personaggi più ritratti. Egli fu raffigurato in famiglia, con la moglie Enrichetta, ma anche solo, in forme e dimensioni diversificate. Uno dei più importanti fu quello il cui il re venne ritratto a cavallo con accanto il suo maestro di equitazione. Quando poi non ci si può accontentare di una unica rappresentazione, ecco che van Dyck stupisce: è il caso del “Triplo ritratto di Carlo I”, il dipinto di del sovrano in tre diverse posizioni, inviato a Roma alla bottega di Bernini.

“Erano le sue maniere signorili più tosto che di uomo privato, e risplendeva in ricco portamento di abito e divise, perché assuefatto nella scuola del Rubens con uomini nobili, ed essendo egli natura elevato e desideroso di farsi illustre, perciò oltre li drappi si adornava il capo con penne e cintigli, portava collane d’oro attraversate al petto, con seguito di servitori”.

Giovanni Pietro Bellori nelle “Vite”

Giusy Celeste