Sulle carte d’identità resta la dicitura “padre” e “madre” anche per coppie omogenitoriali. Il governo ha sottoscritto il decreto varato nel 2019, andando contro il parere del Garante della privacy. Dopo la sentenza del tribunale di Roma, che un mese fa ha ribaltato la vecchia dicitura, il governo Meloni fa marcia indietro. L’obiettivo, come al solito, è impedire il cambiamento e conservare tutto come è sempre stato.

La ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità ha spiegato che la sentenza di novembre è individuale. Questo vuol dire che non vale per ogni singola coppia che ha fatto ricorso. Di fronte alla realtà di coppie formate da due madri o due padri, con dicitura “padre” e “madre” sulle carte d’identità dei figli, Roccella risponde “possono sempre fare ricorso“.

Si tratta, a conti fatti, dell’ennesima forzatura di conservazione del concetto di famiglia naturale, cioè quella composta da “padre”, “madre” e figli. Una forzatura che rappresenta un duro colpo indirizzato ai bambini e alle bambine delle famiglie LGBTQIA.

“Padre” e “madre” sulla carta d’identità dei figli di coppie LGBTQIA: è una violenza

Il passo indietro del governo Meloni è stato fatto: sulle carte d’identità dei figli delle coppie LGBTQIA resterà la dicitura “padre” e “madre”. La motivazione è semplice, almeno secondo Roccella: la sentenza del giudice di Roma valeva solo per il singolo caso e non per tutte le famiglie che avevano fatto o volevano fare ricorso. Così sulle carte d’identità dei figli delle coppie omogenitoriali la realtà non sarà rappresentata, a meno che non si faccia e si vinca il ricorso.

Alexander Schuster, avvocato in diverse cause per conto di famiglie Lgbt, ha ricordato come una causa di questo tipo può arrivare a costare fino a 12 mila euro. Inoltre non c’è certezza sull’esito, che potrebbe essere negativo. Per questo almeno 3 famiglie su 4 potrebbero rinunciare a fare ricorso. Il “Padre” e “madre” sulla carta d’identità dei figli di coppie LGBTQIA è quindi una violenza contro la realtà e il buon senso. Mamme che diventano “padre” e papà che diventano “madri” è semplicemente un paradosso che falsifica la realtà.

Famiglia - photo credits: web
Famiglia – photo credits: web

Quanto siamo indietro sul concetto di famiglia?

La forzatura di “padre” e “madre” ci dice quanto siamo indietro sul concetto di famiglia, definita ancora come “naturale”, cioè biologica. Secondo questa interpretazione è famiglia solo quella composta da padre e madre, uniti dal matrimonio. Si tratta di un concetto di famiglia ristretto e che difficilmente rispecchia la definizione delle materia che studiano la realtà da diversi punti di vista.

La famiglia naturale come qualcosa da conservare non esiste, perché la “natura” non è immutabile. In natura forze esterne e interne spingono verso il cambiamento in maniera irrimediabile. Ogni cambiamento incontra delle resistenze, ma alla fine in natura si raggiunge uno stato di equilibrio. È questa “lotta” tra cambiamento e conservazione che sviluppa i meccanismi che ci permettono di superare gli istinti che ci garantirebbero soltanto la sopravvivenza.

Il concetto di famiglia naturale è quindi fuorviante, perché è una forma di resistenza priva di valore, se non politico. Infatti come tale crea divisioni e alimenta fratture, che invece l’estensione delle rappresentatività tenderebbe a ridurre. Di naturale c’è soltanto la capacità dell’essere umano di creare legami forti con più persone e animali.

Cosa succede ora con “padre” e “madre”?

Una possibile strada è quella della class action, oppure di una segnalazione alla Commissione Ue per la violazione delle norme sulla privacy a tutela del diritto al trattamento corretto dei propri dati e l’irregolarità dei documenti di viaggio. In Italia, come ricorda Natascia Maesi presidente di Arcigay, la procreazione medicalmente assistita, compresa quella eterologa, è accessibile. Se il governo imbocca questa strada dovrà quindi spiegarlo all’Europa. Secondo la Commissione europea infatti non ci sono genitori di serie A e genitori di serie B.

La decisione del governo danneggia principalmente i bambini, dice ancora Maesi. Questo perché i bambini fanno già parte di famiglie accettate dalla società e ora per un puntiglio ideologico – per il quale basterebbe un cambio di software – c’è un tentativo di negare quello che nei fatti già è. 

Non è un attacco implicito purtroppo. La ministra Roccella si è espressa in più di un’occasione sul prestigio della maternità, citando per esempio che “siamo tutti nati da una madre che ci ha partito e da un padre biologico“. E ancora il filosofo Diego Fusaro ha definito la proposta europea del riconoscimento dei genitori omogenitoriali come una “guerra antropologica e sociale alla famiglia naturale“. In entrambi i casi si dimentica il nucleo del tema: i bambine e le bambine figli delle coppie LGBTQIA che esistono e hanno diritto al riconoscimento.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.