La teoria del piacere si sviluppa tra il 1819 e il 1823. Giacomo Leopardi nasce il giorno di oggi nel 1798 e individua il piacere nella felicità e il piacere è inteso come elemento astratto. Identifica la felicità come parte integrante della vita dell’uomo e ci spiega così la sua limitazione. Anche se il desiderio del piacere è illimitato finisce inesorabilmente quando l’uomo muore. La teoria del piacere di Leopardi ci riporta alle sofferenze personali dell’autore, vissute durante la sua infanzia. Lo scrittore ha infatti sempre vissuto in solitudine, nato da famiglia ricca ma senza affetto. Il diario dello Zibaldone del 1820 contiene le fondamenta della teoria del piacere.

Il passaggio dal bello al vero nello Zibaldone ci spiega la teoria del piacere di Leopardi

Leopardi e la teoria del piacere
Leopardi e la teoria del piacere

In età adolescenziale organizza una fuga dalla sua città e dalla famiglia, ma viene scoperto dal padre. Il soggiorno a Roma, del quale nutriva grandi aspettative, lo delude e lo porta capire che la sua insoddisfazione fosse insita e non dipendesse unicamente dalla sola Recanati, sua città natia. Il poeta inizia così ad aderire alle teorie dell’illuminismo e a formulare la teoria del passaggio “dal bello al vero”, dove il “vero” è la realtà  fatta esclusivamente di materia e l’elemento spirituale è escluso. Leopardi in questi anni scrive il suo diario chiamato lo Zibaldone, nel quale viene inserita la teoria del piacere. Il diario sarà uno scritto che ci farà comprendere a pieno il pensiero del poeta e tutte le varie tappe che ci portano alla teoria del piacere. Si evince infatti che la felicità a cui aspira costantemente l’essere umano è infinita, e non può essere appagata dalla realtà finita e limitata. La teoria del piacere ci viene raccontata nel diario di Leopardi “Lo Zibaldone” come saggio filosofico di circa venti pagine. Nasce come esigenza di rispondere a due domande: Perché nessun piacere può soddisfare pienamente l’uomo? Perché l’uomo tende verso l’infinto?

Leopardi e la teoria del piacere che non esiste, alla continua ricerca della felicità

Secondo Leopardi il piacere non esiste. E’ netta la sua distinzione tra piacere e felicità. Il piacere non ha limiti e non esiste o meglio, esiste sotto forma di attesa del piacere. L’uomo crea soltanto illusioni, l’immaginazione costante del piacere. La sua di felicità risulta proporzionale alla sua immaginazione. Il periodo di maggiore immaginazione è quella dell’infanzia e dell’adolescenza. L’essere umano poi tende verso l’infinito. Appena inizia a provare il piacere, l’uomo comincia a vederne i limiti.  Si allontana così dall’idea di piacere illimitato. Da qui nasce l‘insoddisfazione legata all’infinito. Si conclude che il desiderio dell’infinito porta alla pulsione del piacere, implementato dall‘immaginazione. Il desiderio espresso da Leopardi nella teoria del piacere non ha un limite, né per durata né per estensione, e ha fine con il termine della nostra vita. Per il poeta si prova il piacere nella ricerca della felicità: nel futuro, nel ricordo e nell’ immaginazione. Immaginando di naufragare nell’infinito, lui crede di  trovare la sua felicità (così spiega l’infinito). L’uomo non riesce ad esaudire il suo bisogno di piacere, così crea dei sostituti nella correlazione futuro, ricordo e immaginazione.

L’unico piacere ammissibile è quello delle illusioni tramite l’immaginazione

L’essere umano quando ha soddisfatto un desiderio, cerca subito di soddisfarne altri. Ecco perché la felicità di cui è alla perenne ricerca è infinita. Ecco perché per Leopardi non esiste qualcosa che possa rendere felice per sempre l’uomo. L’unico piacere ammissibile per Leopardi è quello delle illusioni. L’uomo infatti ne fa il suo ingresso tramite l’immaginazione. Il poeta spiega l’immaginazione tramite suo idillio “l’Infinito“. L’immaginazione consente all’uomo di essere felice, perché immaginando l’essere umano, può creare elementi infiniti. La felicità intesa da Leopardi può essere perseguita o ricordando eventiaspettando piaceri futuri. L’unica modalità per essere felici è nel ricordare il passato, come ci illustra nell’idillio “Alla Luna“, o avendo aspettative nel futuro come ne “Il sabato del villaggio“: dove la realtà non può essere cambiata in maniera assoluta. Leopardi è un poeta romantico e per questo ha una concezione pessimistica della vita. Il pessimismo si riferisce alla sua città di provenienza e alla condizione dell’uomo. Risulta un uomo all’avanguardia, rimanendo comunque legato al pensiero del ‘700. Si immette in una cultura pressoché contemporanea trascinando dietro di sé  un pensiero illuminista di fondo.

L’uomo non desidera solo un piacere, vuole un piacere infinito nel tempo. Ne deriva così una insoddisfazione costante nel tempo

L’intero pensiero di Leopardi si fonda su un sistema di idee continuamente meditate e sviluppate, il cui processo di formazione si può seguire attraverso le migliaia pagine nello Zibaldone. Al centro della riflessione di Leopardi c’è l’infelicità dell’uomo. Questi non desidera solo un piacere, vorrebbe un piacere che sia infinito nel tempo. Ne deriva così una insoddisfazione costante. La felicità non è quindi ottenibile e possiamo conseguire che quella che otteniamo è una felicità apparente. Nello Zibaldone, in cui si sostiene che il piacere che ricerca l’uomo è assoluto, si afferma anche non può essere in nessun modo soddisfatto in natura. Qualunque cosa esista in natura infatti non permetterà mai all’essere umano di soddisfare per sempre i suoi piaceri. L’unico modo per l’essere umano di raggiungere la felicità è quello di immaginare. Solo attraverso l’immaginazione l’uomo può ricordare i bei tempi del passato o sperare in un futuro diverso.

Sabrina Baiocco

Seguici su Google News