Con la sua vittoria, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è entrato nel suo terzo decennio di potere. Questo dopo aver battuto di misura il suo avversario, il funzionario di centrosinistra Kemal Kilicdaroglu, nel ballottaggio presidenziale tenutosi il 28 maggio 2023.
È un cliché per i politici raccontare le elezioni che si apprestano ad affrontare come il momento più critico nella storia del paese. Nel caso della Turchia, tuttavia, le elezioni presidenziali e parlamentari del 14 maggio sono davvero state le più importanti di sempre. Erano in gioco le prospettive per il futuro democratico della Turchia.
Ora che il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha vinto un altro mandato, la Turchia degenererà ulteriormente nell’autoritarismo e forse, nella Turchia del prossimo futuro, le elezioni non avranno più alcuna importanza.
Con la sua vittoria Erdogan è ormai (quasi) imbattibile: povera Turchia!
Decine di milioni di elettori turchi si sono recati alle urne domenica per esprimere il loro voto alle elezioni presidenziali e parlamentari. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha vinto le elezioni presidenziali turche, sconfiggendo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu nel ballottaggio di domenica e allungando il suo governo in un terzo decennio.
Con il 99,43% dei voti scrutinati, i risultati ufficiali preliminari annunciati domenica dal Consiglio elettorale supremo della Turchia (YSK) hanno mostrato che Erdogan ha vinto con il 52,14% dei voti. Kilicdaroglu ha ricevuto il 47,86%.
Il paese sta ha vissuto questa votazione assistendo a due stili di campagna politica molto diversi.
- Il presidente Recep Tayyip Erdoğan, che cercava la rielezione, era in competizione soprattutto verso Kemal Kılıçdaroğlu, il candidato congiunto dell’Alleanza Nazionale. Kılıçdaroğlu era anche sostenuto dall’Alleanza laburista e per la libertà.
- Gli stili politici e di governo profondamente diversi dei due candidati sono evidenti nelle loro campagne: il presidente Erdoğan ha sempre seguito un approccio polarizzante, negativo e basato sulla paura incentrato sull’energia della sua base, mentre la campagna di Kılıçdaroğlu è stata dinamica, inclusiva e positiva (sia pur con qualche richiamo ai cavalli di battaglia nazionalisti nelle ultime due settimane).
A nulla è valsa l’accumulazione di gravi problemi economici della Turchia quali alta inflazione, un ampio deficit delle partite correnti, una moneta debole e crescenti livelli di povertà. Nonostante ciò, il presidente Erdoğan e il suo Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) hanno mantenuto un notevole sostegno. Tuttavia, la loro presa sul potere è sembrava poter essere messa in discussione da un blocco di opposizione unificato.
Una riflessione sulle strategie politiche di Erdogan
La Turchia ha un sistema a due turni per le elezioni presidenziali: se nessun candidato riceve il 50% al primo turno, un secondo turno si tiene due settimane dopo tra i primi due candidati. Pertanto visti i primi risultati, Erdoğan è stato principalmente concentrato sulla vittoria al secondo turno.
Parlando a migliaia di suoi sostenitori fuori dal complesso presidenziale di Ankara, Erdogan ha detto che ora è il momento di
“mettere da parte tutti i dibattiti e i conflitti riguardanti il periodo elettorale e unirsi attorno ai nostri obiettivi e sogni nazionali”.
Recep Tayyip Erdoğan
La sua strategia elettorale ruota attorno a un copione populista basato sulla creazione di una divisione “noi” contro “loro” all’interno della società e ritraendo se stesso come “l’unico rappresentante legittimo e reale del popolo”. Mira a mantenere intatta la sua base mentre convince gli elettori infelici a rimanere fedeli, e la sua strategia elettorale ha tre elementi principali.
Il Nazionalismo Islamico: la strategia del “noi” e “loro”
La prima riflessione che viene in mente è che lo stile della campagna del presidente Erdoğan è caratterizzato da un tono nazionalista e islamista. Questa inclinazione ideologica si riflette nella più ampia Alleanza popolare, che comprende il Partito nazionalista della Grande Unità (BBP) e il Partito d’azione nazionalista (MHP), nonché il Partito islamista del Nuovo Benessere (YRP), ed è sostenuto dal Partito islamista della Causa Libera (HÜDA-PAR), i cui candidati sono anche nella lista dell’AKP.
“Non siamo gli unici vincitori, il vincitore è la Turchia. Il vincitore sono tutte le parti della nostra società, la nostra democrazia è il vincitore”
Recep Tayyip Erdoğan
Se si analizza la sua strategia comunicativa ci si rende conto che Erdoğan ritrae tanto sè stesso quanto la sua alleanza come “nativi e nazionali”, mentre descrive l’opposizione come attori che cooperano con “terroristi“, agenti stranieri e i loro alleati interni. La religione e la moralità sono al centro della sua campagna, con Erdoğan che prendeva di mira l’identità alevita di Kılıçdaroğlu per fare leva sui sentimenti religiosi tra la sua base.
Il presidente Erdoğan, un musulmano sunnita, è noto per le sue politiche conservatrici e islamiste, e spesso usa simboli e discorsi religiosi nelle sue campagne.
La strategia della paura: un “classico” dei dittatori
Collegandosi a quanto detto sopra, Erdoğan basa la sua strategia politica sull’alimentare la paura e l’ansia della sua base per scoraggiarli dal votare per l’opposizione. Cerca di spaventare la popolazione attingendo a sentimenti di insicurezza sociale: attraverso il suo controllo dei media, proietta il messaggio che se dovesse perdere, i suoi sostenitori subirebbero conseguenze disastrose.
Questo porta, di conseguenza, al voler dipingere l’opposizione come una minaccia ai valori e allo stile di vita dei suoi sostenitori, ad esempio sottolineando il rischio che il divieto del velo venga reintrodotto. Giocando sulle loro ansie e paure, mira a persuaderli a rimanere fedeli ed evitare di votare per il cambiamento. Questo approccio basato sulla paura è progettato per mantenere lo status quo e garantire la presa del suo partito sul potere, anche di fronte alle sfide significative che il paese deve affrontare.
Linguaggio polarizzante e divisivo: parla “alla pancia” del paese
Erdoğan cerca di creare conflitto e divisione tramite una retorica dura e polarizzante nei confronti dell’opposizione, nella quale membri e i ministri dell’AKP usano un linguaggio escludente per descrivere l’opposizione. Ad esempio, il ministro dell’Interno Süleyman Soylu ha persino definito le elezioni un “tentativo di colpo di stato“.
Questa retorica è progettata per creare paura e urgenza tra i sostenitori di Erdoğan, il quale – tramite il controllo dei media – è quindi riuscito a dipingere le elezioni come una battaglia per la sopravvivenza della nazione, sopravvivenza legata a doppio filo alla sua vittoria (ovviamente).
In queste circostanze, c’è stato un aumento degli incidenti violenti, come gli attacchi armati contro le sedi dei partiti di opposizione, compresi quelli del Partito Buono (İYİ) e del Partito popolare repubblicano (CHP) a Istanbul. Anche gli individui che criticano Erdoğan e i suoi alleati possono essere presi di mira, come si è visto nel caso del grafico che è stato preso in custodia per aver prodotto adesivi critici nei confronti di Erdoğan e del leader dell’MHP Devlet Bahçeli. Questo tipo di repressione e violenza mira a sopprimere le voci dell’opposizione e ad aumentare la paura tra i sostenitori dell’opposizione.
Una riflessione sulla vittoria di Erdogan:
Lo slogan principale della campagna elettorale di Erdoğan, “Il momento giusto, l’uomo giusto“, è ironico data la paralizzante crisi economica della Turchia e la distruzione diffusa causata dai terremoti di febbraio. Erdoğan si è fatto il fulcro della sua campagna; egli ne è l’immagine, e con queste elezioni si è fatto anche immagine della Turchia dei nostri anni.
Ci si aspetta quindi adesso una Turchia che non cambi da come l’abbiamo vista finora: ma non solo. Se mai c’era stata una qualche speranza che la tendenza accentrante e anti-democratica delle politiche turche potesse cambiare, quella speranza è svanita con queste elezioni.
“Questo risultato mi rende veramente triste: sono giorni difficili quelli che ci attendono per il nostro paese”.
Kemal Kılıçdaroğlu