Con “Apocalypse now” (1979), Francis Ford Coppola regala all’attore diventato mito l’ultimo grande ruolo della sua straordinaria carriera. Sperduto nella giungla vietnamita, l’irraggiungibile Marlon Brando impersona il colonnello Kurtz, ufficiale un tempo senza macchia scivolato nella pazzia della guerra. Un personaggio folle e oscuro che assaggia, lontano dalla civiltà, la possibilità di farsi Dio.

Ispirato a “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, il racconto di Coppola si snoda lungo la risalita del fiume Nùng. La guerra in Vietnam infuria, e al capitano Willard (Martin Sheen) viene assegnata una missione: trovare il colonnello Kurtz e porre fine al suo comando. Rifugiatosi nella giungla lungo il fiume, Kurtz ha oltrepassato i canoni della guerra. Si è circondato di un esercito di vietnamiti e disertori americani. Temuto e venerato come un dio, spinge le sue truppe ad atti di crudeltà inimmaginabile che nella sua mente diventano lucidi, spietati e necessari.
L’orrore del colonnello Kurtz
Kurtz è la meta del viaggio di Willard e dell’apocalisse secondo Coppola. Il capitano, degradato a sicario dai suoi superiori, è incredulo di fronte alla missione. Ascolta la voce registrata di Kurtz provenire da un altro mondo, da una diversa coscienza dell’orrore della guerra. La sente descrivere i metodi “insani” praticati dal colonnello: Kurtz era un uomo buono, secondo chi lo aveva conosciuto, un grande soldato, un individuo dalla morale inflessibile. Un ufficiale dalla carriera perfetta, finché il Vietnam e le sue atrocità non lo cambiarono per sempre.
La figura di Marlon Brando, intuita sempre nell’ombra (su richiesta dell’attore che non voleva farsi riprendere sovrappeso), dona al personaggio di Kurtz una carica indimenticabile. Lento, pensoso, sacrale come gli idoli di pietra che adornano il tempio diventato il quartier generale del suo esercito di folli. Kurtz ha visto l’orrore della guerra e, abbracciandolo, lo ha giudicato inevitabile: ogni crudeltà, nella sua mente, diventa uno strumento lucido per i suoi scopi che non possono essere più quelli degli uomini. Come le antiche divinità adorate dai suoi soldati, il colonnello vede in Willard il liberatore dall’orrore che ha consapevolmente abbracciato e si offre al sacrificio finale, permettendo al capitano di adempiere alla sua missione. Kurtz lascia dietro di sé la guerra e la follia che ha generato, recitando come monito per chi lo sostituirà quel che lo aspetta alla fine del viaggio: “L’orrore! L’orrore!”.
Davide Cossu
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