Luigi Tenco e Dalida: una storia d’amore affascinante e tormentata o una macchinazione della casa discografica RCA? Tante e contrastanti sono state le ipotesi, difficile per chi scrive seguire un filone, poiché è molto alto il rischio di cadere nei luoghi comuni e negli stereotipi che sono stati creati. All’insegna della poesia è la visione del critico Pino Strabioli che vuole entrare con delicatezza nel rapporto Tenco-Dalida cogliendone la bellezza, la malinconia e tutto ciò che è inafferrabile.
Tenco e Dalida: sia che si tratti di una relazione professionale, sia che si tratti di una relazione sentimentale, si può definire una grande alchimia di anime, un incontro voluto dal destino. Si conoscono nel 1965 a Roma. Rimane intatto il documento della partecipazione di entrambi gli artisti a Scala Reale. Colpiscono profondamente quegli sguardi intensi e furtivi, mentre Dalida canta e danza il Sirtaki de La danza di Zorba.
All’epoca Dalida era già una delle icone della musica internazionale. Fu la prima donna che vinse il disco di platino con oltre 10 milioni di dischi venduti, ai quali si aggiunsero anche settanta dischi d’oro in sette lingue, tra i quali Bambino (traduzione della famosissima canzone napoletana Guaglione, portata al successo da Aurelio Fierro), un altro disco di platino e quello di diamante, creato appositamente per lei. Aveva alle spalle anche una carriera cinematografica che iniziò quando fu nominata Miss Egitto e continuò a Parigi negli anni cinquanta.
Luigi Tenco fa parte della scuola dei cantautori genovesi nacque a Cassine, in provincia di Alessandria, il 21 marzo 1938 . Frutto di una relazione extraconiugale prese il cognome del marito di sua madre Teresa, Giuseppe Tenco che morì prima della sua nascita. In seguito si trasferì con la madre e il fratello maggiore Valentino a Genova. Mentre frequentava il Liceo studiò pianoforte, mentre da autodidatta e da appassionato di musica imparò e sperimentò la chitarra, il clarinetto e il sax.
Dopo il diploma entrò nel Modern Jazz Group di Mario De Sanctis dove conobbe Fabrizio De André. In seguito fondò con Graziano Grassi e Gino Paoli, I Diavoli del Rock. Il suo primo disco come solista uscì nel 1961: il 45 giri I miei giorni perduti. Nel 1960 pubblica il primo 33 giri, che conteneva i brani Mi sono innamorato di te e Angela. Nel 1965 anno in cui incontra Dalida a Roma, firma anche un contratto discografico importante con la RCA con la quale collaborava anche l’artista italo-francese.
Sembra che tra il ‘65 e il ‘66 si intensificò la relazione tra i due artisti. La poesia, la musica, la cultura e la politica costituivano gli argomenti delle loro profonde conversazioni. Luigi Tenco e Dalida: nel fascino di Montmarte a Parigi un uomo e una donna, belli e giovani, pieni di sogni e di grande spessore artistico e umano vivono un rapporto per molti misterioso, ma non privo di emozione. Attimi intensi, compongono il mosaico di due vite e la magia di un incontro che ha lasciato una traccia profonda nella storia della musica, indimenticabile per tutti coloro che creano arte tra sensazioni altalenanti ed esigenze quotidiane.
Luigi Tenco e Dalida cantano insieme ed incidono Bang Bang che arriva al primo posto nella classifica della hit parade radiofonica condotta da Lelio Luttazzi.
Luigi Tenco e Dalida: nasce l’idea di andare a Sanremo.
Luigi Tenco e Dalida e la decisione di partecipare a Sanremo: un momento cruciale che mette a dura prova un rapporto e ne sottolinea delle criticità. Gli interessi dei discografici della R.C.A e la genesi tormentata del brano Ciao amore Ciao fanno da padroni. Il testo originale era Li vidi tornare che parlava di partigiani ed era antimilitarista
(“dicevano domani / domani torneremo / Chiedevo alla gente / quando torneranno / la gente piangeva / senza dirmi niente”). Parlava di alcuni soldati che partivano per la guerra e riprendeva in parte i versi della poesia di Luigi Mercantini, La spigolatrice di Sapri (“Erano trecento / erano giovani e forti”). Soltanto il ritornello (“ciao amore, ciao amore, ciao”) era uguale.
Il testo presentato a Sanremo invece era una canzone d’amore sul dramma dell’Italia contadina costretta a urbanizzarsi.
Nonostante i continui rifacimenti sottolineati anche nel testo di Enrico De Angelis, Io sono uno, Dalai editore 2002, gentilmente consigliato dal giornalista Gabriele Maestri emergeva comunque la grandezza dell’autore. Inoltre Tenco-Dalida avevano in comune il fatto di essere figli di migranti e di avere un’anima poetica ed errante. Tenco non era molto convinto della partecipazione a Sanremo 1967 e molti suoi amici tra i quali Mogol, cercarono di convincerlo a non andare. Fu Dalida che lo convinse a partecipare.
Nel 1967 la canzoni sanremesi venivano presentate in una doppia versione. Prima si esibiva il cantante italiano e poi l’ospite internazionale. Per cui anche Dalida avrebbe dovuto interpretare Ciao amore ciao. In un’ intervista radiofonica ai microfoni di Daniele Piombi, Tenco afferma il suo intento di andare verso una nuova linea della canzone italiana cercando anche di coinvolgere il pubblico e i giovani. Molti critici infatti sostengono che Tenco guardava la canzone americana di protesta sul modello di Bob Dylan per cercare di riprodurre il successo che aveva ottenuto con i media.
Ben presto però Sanremo si rivela quel meccanismo che media in maniera spesso ingiusta tra i gusti del pubblico, i gusti della critica e gli interessi della case discografiche. Un meccanismo che stritola le persone meritevoli e illude i vincitori. Lo specchio di un paese che non sa cogliere la bellezza e la poesia in ciò che si presenta diverso e inusuale. Le differenze caratteriali dei due artisti emergono fortemente. Da un lato c’è Dalida che con tutta la sua profonda delicatezza e sensibilità è estroversa e rodata ai meccanismi perversi delle luci della ribalta.
Dall’altro c’è Tenco, cantante estraneo all’ambiente sanremese. Il critico e giornalista Giancarlo Governi infatti disse di lui:
“Tenco non è il cantante di mestiere, bensì il poeta che si esprime attraverso il canto”.
Lo stesso Tenco dichiarò:
“Mi ritengo adatto per un recital dove posso spiegare e cantare le canzoni”.
Eduardo Vianello e Gino Paoli che lo conoscevano bene sfatarono il mito del personaggio introverso e tenebroso che si era creato attorno a lui. L’aspetto introverso e serioso apparteneva al personaggio pubblico, il Luigi Tenco privato e intimo era spiritoso, divertente, ma allo stesso tempo fragile. Quindi non in grado di sostenere un livello di competitività elevato come quello di Sanremo. Purtroppo non è rimasta nessuna proiezione dell’esibizione di Tenco del 26 gennaio 1967, solo quella di Dalida durante le prove.
Ma molte persone, tra cui Mogol e lo stesso Paoli ricordano un Tenco diverso, un’esibizione stralunata:
“Luigi quella sera non era regolare, e l’abbiamo pensato tutti noi amici che lo conoscevamo bene. Anche l’esibizione al festival è stata assurda.”
Questo è quanto dichiara Gino Paoli in un’intervista.
La successiva esibizione di Dalida fu carica di tragicità, quasi a mostrare una forma di empatia tra i due artisti. Tuttavia Ciao amore ciao subì una pesante sconfitta e si classificò negli ultimi posti. Dopo la sconfitta, Tenco non volle seguire Dalida e lo staff della RCA a cena; tornò subito nella sua camera di albergo. Alle 2,20 Dalida, rientrata dal ristorante entrò camera di Tenco e lo trovò morto. Lanciò un urlo. Accorse Lucio Dalla che si trovava nella camera vicina. Accanto al corpo senza vita di Luigi Tenco una pistola e un biglietto:
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e a una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”
Molte le ipotesi sul suicidio, diversi libri scritti per confutarla e sostenere l’ipotesi dell’omicidio, molti i punti oscuri. Dalida chiese di fermare il Festival, ma lasciò Sanremo per volontà degli organizzatori. Il festival andò avanti e come se nulla fosse terminò con la vittoria di Iva Zanicchi e Claudio Villa.
Trovata pubblicitaria o storia reale?
Dalida rimarrà fortemente traumatizzata dalla vicenda e l’opinione si divise tra coloro che sostenevano l’ipotesi della relazione tra i due e coloro che sostenevano che fosse una trovata pubblicitaria della RCA. Spunta l’ipotesi di un triangolo amoroso e di una misteriosa ragazza di nome Valeria che portava in grembo il figlio di Tenco, ma la donna mori in un incidente.
La madre di Tenco, in un’intervista che rilasciò nel 1967 smentì l’ipotesi di una relazione tra suo figlio e Dalida. La donna sostenne che i due artisti erano solo buoni amici e nient’altro. Dopo il 2006 la nipote Patrizia Tenco condivise la tesi ufficiale considerando speculazione tutto il resto. Tra coloro che confermano la reale relazione amorosa tra i due ricordiamo Sandro Ciotti che sosteneva che i due fossero realmente innamorati, ma caratterialmente opposti, Gino Lavagetto e Cristiano Malgioglio convinti che si trattasse di una storia solida e pulita.
Gianfranco Riverberi che la liquidò come uno dei tanti flirt del cantautore, Renzo Parodi che sostenne la tesi di un amore a senso unico. Dalida era innamorata di Tenco, ma non ricambiata. Dopo quello sfortunato Sanremo, Dalida in preda a una forte depressione tentò tre volte il suicidio, ma riuscì nel 1987. Caro lettore, cercare la verità in un ginepraio di ipotesi è difficile se non addirittura impossibile. Il rapporto Dalida-Tenco che genera alchimia si può definire, in senso poetico, come una sfaccettatura di un amore infinito che muove il cosmo nella tragica bellezza della sua finitudine.