Il mese di Maggio nella poesia dell’infanzia, con alcuni degli autori più cari alle antologie delle scuole primarie. Nello spazio dedicato alla Letteratura per l’Infanzia, il mese delle rose insieme a Giorgio Caproni, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli.

Maggio in poesia con i versi di Giorgio Caproni

Maggio poesie - Credits: .ilgazzettinometropolitano.it

Maggio è una poesia del poeta e insegnante livornese Giorgio Caproni contenuta nella raccolta Come un’allegoria (1936). La poetica di Caproni si accinge, quasi sempre, all’uso di un linguaggio chiaro, asciutto, e semplice. I temi ruotano sempre attorno a Genova, il viaggio, la madre. L’uso del lessico è quotidiano mentre, la sintassi, breve e non ridondante. In questa poesia il mese di Maggio è foriero di vitalità, forza creatrice, un inno all’esistenza; adesso, la vita è nel suo momento più rigoglioso e la primavera è al suo apice:

Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all’odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall’osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di maggio! e come alle folate
calde dell’erba risollevi i prati
ilari di chiarore, alle briose
tue arie, sopra i volti illuminati
a nuovo, una speranza di grandiose
notti più umane scalda i delicati
occhi, ed il sangue, alle giovani spose.

All’interno della poesia si possono scorgere tutti gli elementi naturali tipici di questo mese; le rima baciate, di cui il poeta fa uso, poi, sottolineano ancor di più questo legame fra la natura e l’esplosione di quest’ultima che, proprio nel mese maggio, avviene.

La lirica è un perfetto manifesto della poetica di Caproni: parole semplici, essenziali, mescolate a elementi tattili e visivi in modo tale che il lettore abbia la vera percezione della stagione primaverile, a tratti bucolica, che avanza in questo mese lussureggiante. Le serate si allungano e l’odore del fieno inebria le vie; il tutto è accompagnato dal lume argento della luna, dai canti scanzonati delle osterie che si propagano nell’aria ormai calda.

Il mese del risveglio in cui ci si apre alla speranza

E, ancora, dalle risate dei giovani innamorati cui la primavera ha risvegliato l’amore. Ecco, quindi, che Maggio diviene il mese del risveglio dei sensi, dell’amore: ci si apre alla gioia e alla speranza, insieme alla natura. Adesso urge prepotente e scalpitante un bisogno condiviso di rinascita; non a caso, il poeta, si riferisce alle ”giovani spose” attraverso una similitudine paragonando lo sbocciare degli amori giovanili al fiorire dei prati. Caproni, in questo caso, pone la sua attenzione all’elogio dell’amore giovane, poiché puro come un fiore appena sbocciato che si riscopre nel mese di maggio, proprio come la primavera, all’apice del suo rigoglio e della sua fioritura.

È maggio di Giovanni Pascoli

Contenuta nella raccolta Poesie Varie, questa lirica di Giovanni Pascoli rappresenta un inno alla primavera e, di conseguenza, alla natura che, nel mese dedicato alla Dea Maia, esplode in tutto il suo lussureggiare. Versi stranamente ottimisti per la poetica pascoliana che, all’interno di questo componimento, guarda al fluire luminoso della primavera attraverso lo sguardo meravigliato del fanciullino, figura peculiare della poetica pascoliana:

A maggio non basta un fiore.
Ho visto una primula: è poco.
Vuol nel prato le prataiole:
è poco: vuole nel bosco il croco.
È poco: vuole le viole; le bocche
di leone vuole e le stelline dell’odore.

Non basta il melo, il pesco, il pero.
Se manca uno, non c’è nessuno.
È quando è in fiore il muro nero
quando è in fiore lo stagno bruno,
è quando fa le rose il pruno,
è maggio quando tutto è in fiore.

Il poeta osserva la natura e il suo verdeggiare, utilizzando nomi precisi di fiori e piante come spesso accade nelle sue raccolte. La potenza creatrice propria di Maggio si rivela davanti agli occhi del Pascoli in uno sciame di simbologie: le bacche, le prataiole, le rose e gli alberi da frutto che, insieme, sbocciano in una connessione magica di rigoglio.

Pascoli osserva la natura in rinascita indagando, attraverso quest’ultima, il mistero stesso della vita. Il senso della poesia, infatti, si rivela nell’ultimo verso dove il poeta tramite un climax finale rivela “È maggio quando tutto è in fiore”. Con questo verso esprime le correlazione indissolubile fra il mese di maggio e l’esplosione tripudiante della natura, nelle sue vesti primaverili; un trionfo rigoglioso e potente ormai giunto al culmine che, solo un mese come maggio, può donare.

Secondo Pascoli Maggio, infatti, è un mese intriso di candore; la purezza che lo contraddistingue, seguito dal fiorire florido della natura, non conosce brutture o cattiveria. E’ la festa dei sensi, la bontà della natura: un breve periodo in cui il poeta può bearsi e riscoprire il fanciullino in lui celato, poiché la meraviglia di questo mese non ne tradisce lo sguardo innocente.

Stella Grillo

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