“Un pittore può esprimere tutto quello che vuole con frutti o fiori e perfino con le nuvole. Già lo sapete, la mia principale ambizione è quella di diventare il San Francesco della natura morta”

Così parlava Edouard Manet. Il pittore francese impressionista, ma non troppo. Figura fondamentale per comprendere la Storia dell’Arte del XIX secolo. Il suo stile a cavallo tra impressionismo e il nascente realismo lo ha consacrato come uno dei massimi esponenti della pittura francese. Ebbe però un “relazione” complicata con la pittura e fece molta fatica a farsi apprezzare dai suoi contemporanei. Tantissime sono state le opere che la critica dell’epoca escluse dalle esposizioni ufficiali. Altrettanto numerose furono le opere che lui stesso sabotava per paura di essere escluso. Solo le nature morte furono apprezzate anche dai suoi contemporanei. Per la Rubrica Arte di oggi vi presentiamo un gioiellino assoluto del pittore: “Lillà bianchi in un vaso di vetro”.

Le nature morte

Le nature morte di Manet, in effetti, furono assai ammirate dalla critica. Alcuni capolavori del maestro, come sappiamo, furono stroncati senza remore. Prime fra tutte la Colazione sull’erbae l’Olympia che tanto scalpore suscitò. Le nature morte invece no. Pare che furono molto apprezzate, al punto che Emile Zola nel 1867 scrisse: “I nemici più acerrimi del talento di Edouard Manet, riconoscono che l’artista sa dipingere bene gli oggetti inanimati”. Come a voler sottolineare che il talento del pittore sia solo quello di riprodurre su tela gli oggetti, considerandolo automaticamente incapace di rappresentare il genere umano ed ancor peggio l’espressività e la psiche di questi.

Nonostante tutto, a Manet non dispiaceva dipingere nature morte, anzi. La natura morta rappresenta, circa un quinto dell’opera del pittore francese. Ne realizza molte di più di quante non ne abbiano dipinte i suoi contemporanei e a differenza degli altri artisti del tempo, Manet ebbe una naturale predilezione per i fiori, suoi soggetti preferiti. Ama talmente tanto dipingere nature morte che le inserisce persino in quadri di altro genere e soggetto. È soprattutto nella sua maturità artistica che si dedica alla pittura delle nature morte. Soggetto che dal 1860 circa, non abbandonerà mai. Ormai malato e quasi paralitico, continuerà a dipingerle nella sua casa di campagna, lontano da Parigi.

Manet e i “Lillà bianchi in un vaso di vetro”

Manet, Lilla bianchi in un vaso di vetro_photocredit:wikipedia
Manet, Lilla bianchi in un vaso di vetro_photocredit:wikipedia

Negli ultimi mesi della sua vita, costretto a rimanere immobile, Edouard Manet dipinse una serie di nature morte di grande bellezza, trovando nelle cose più semplici e quotidiane una fonte di ispirazione e studio. Il pittore malato si è ritirato nella sua casa di Rueil. Una villa con giardini, tranquilla e lontana dal tanto amato caos parigino. I giardini della sua abitazione e i fiori che contiene, sono l’unico soggetto che Manet, malato e depresso, riesce e vuole dipingere. Tra tutti i fiori il pittore predilige le peonie ma non mancano squisiti esempi di altre fluorescenze, come ad esempio i fiori di Lillà, appunto.

“Lillà bianchi in un vaso di vetro” è un quadro che Manet realizza probabilmente intorno al 1882. Dipinto ad olio di rara bellezza ed eleganza è oggi custodito alla Alte Nationalgalerie di Berlino. La scena è decisamente sobria, come la maggior parte delle nature morte dipinte dal pittore, soprattutto se ci si riferisce alla fase matura. Se inizialmente, infatti, le composizioni erano più ricche ed articolate, di chiara ispirazione seicentesca, nella fase finale Manet riduce al minimo i soggetti e sviluppa anche in questo caso uno stile totalmente personale. Le corolle dei fiori sono grandi e i petali e i rametti occupano quasi tutta la superficie del quadro. Posto al centro, il soggetto diventa così il protagonista, assieme allo straordinario vaso di vetro (o cristallo?) nel quale è inserito il bouquet.

Lo sfondo è scuro proprio per risaltare il candore dei lillà poggiati su di un supporto che il pittore non ci mostra del tutto. Il pittore inoltre amava dipingere lo stesso soggetto, con qualche variante. I lillà, come altri fiori, non sono esenti da questa “mania”. Un esempio l’altrettanto incantevole è “Vaso di lillà bianchi e rose”, realizzato probabilmente nello stesso periodo.

La natura è comunque sempre essenziale, semplice, ma perfetta nella resa. Questo perché il pittore non amava la quantità, ma la qualità dei soggetti dipinti. Inoltre la sofferenza dei suoi ultimi anni di vita, si esprime perfettamente in queste composizioni floreali minimaliste. I fiori poi, sono da sempre simbolo di bellezza. Rappresentano però una bellezza effimera, soprattutto i fiori recisi, destinati a svanire in breve tempo.

Ilaria Festa