Pangiallo, il dolce natalizio romano dalle origini antichissime

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Di Redazione Metropolitan

Siamo ormai arrivati all’ultimo atteso mese dell’anno e con l’arrivo di Dicembre si inizia subito a sentire il profumo del Natale che si avvicina. Per la Rubrica “Xmas is Coming” vi portiamo a tavola con un dolce tipico della tradizione romana e laziale: Il pangiallo. Il pangiallo, meglio noto come pangiallo romano è un dolce tipico natalizio che non ha nulla da invidiare ai più “famosi” Pandoro e Panettone. oltre ad essere gustosissimo, vanta, infatti, una tradizione molto più antica.

Pangiallo, la storia delle sue origini

Il pangiallo è un delizioso e profumato panetto con un ripieno ricco di frutta secca, miele, cioccolato e canditi, e avvolto con una crosta dorata che lo racchiude. Il colore giallo, da cui deriva il nome, viene dato da una glassa allo zafferano che conferisce al dolce un aroma deciso. Il pangiallo romano è anche conosciuto come la variante del più famoso dolce panpepato, apprezzato ormai nell’intero centro Italia.

Questo dolce romano ha, però, la sua origine nell’antica Roma e più precisamente durante l’era imperiale. Era, infatti, un’usanza di quei tempi distribuire questi dolci dorati, durante la festa del solstizio d’inverno, in modo da favorire il ritorno del sole. Preparare il pangiallo durante il solstizio d’inverno era di buon auspicio per il ritorno del sole, da qui la forma tondeggiante e la crosta dorata. La festa del “dies natalis solis invicti” (il natale del sole invincibile), istituita dall’imperatore Aureliano il 25 dicembre, celebrava la rinascita sull’orizzonte del nuovo sole che era simbolicamente morto al solstizio d’inverno. In questa occasione, le mogli dei contadini lo regalavano ai notabili del luogo come buon auspicio.

In un capitolo dedicato ai dolci del De re coquinaria di Apicio, noto “chef” dell’antichità, si trova traccia della ricetta del Pangiallo. Nel manuale gastronomico, il cuoco della Roma imperiale consigliava: “mescola nel miele pepato del vino puro, uva passita e della ruta. Unisci a questi ingredienti pinoli, noci e farina d’orzo. Aggiungi le noci raccolte nella città di Avella, tostate e sminuzzate, poi servi in tavola”. All’epoca le spezie utilizzate per insaporire questo dolce erano diverse, nel tempo però si sono perse e la ricetta è stata modificata.

Il Pangiallo oggi

Dalla forma tondeggiante, di colore ambrato, con mandorle e noci, questo dolce è stato quindi la specialità dei pasticceri romani e il vanto della produzione domestica nei periodi di festa. Sebbene oggi non sia più popolare come una volta, in molti continuano ad essere affezionati ai sapori di quando erano bambini e portano avanti una tradizione antica. La produzione del Pangiallo resiste soprattutto ai Castelli Romani, dove le pasticcerie che la vendono godono di grande successo.

La preparazione tradizionale di questo dolce avviene attraverso l’impasto di frutta secca, miele e cedro candito. Ma non è stato sempre così. Fino a poco tempo fa, le massaie romane sostituivano le costose mandorle e nocciole con i noccioli della frutta estiva (prugne e albicocche) opportunamente essiccati e conservati. Così, osservare l’impasto del pangiallo era un modo per risalire al ceto sociale della famiglia che l’aveva preparato. 

Ilaria Festa

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