Plasmon, progetto Adamo: l’idea apocalittica della denatalità

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Di Giorgia Bonamoneta

L’azienda Plasmon, divisione italiana del gruppo multinazionale Kraft Heinz, nella penombra di YouTube ha pubblicato il film Adamo. Il girato fa parte del progetto Adamo, un progetto che vuole sostenere la natalità e incentivare le nascite attraverso un sostegno economico e rinnovate politiche del lavoro. Buoni gli intenti, per i 7 minuti del film Adamo viene però raccontata una storia dai tratti apocalittici.

Il messaggio è quello dell’inferno demografico, immagine che la ministra Eugenia Roccella del ministero della Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità ha più volte evocato nel dibattito sulla denatalità. Il ministero di Roccella ha promosso l’iniziativa, ma il messaggio così come le soluzioni dell’azienda appaiono ambigue. Il messaggio di Adamo è infatti quello di partorire per salvare i posti di lavoro e l’economia. Un messaggio trasmesso con toni malinconici, tristi e incentrati sul racconto di Adamo, ovvero l’ultimo bambino nato e cresciuto nella solitudine. Non Una di Meno Marche ha commentato il film spiegando come l’azienda privata, pur di sopravvivere, ha messo in moto il medium con un impianto pro-vita, antiabortista e anti gender. 

Plasmon e il progetto Adamo: l’ultimo uomo dell’apocalisse demografica

Il cortometraggio “Adamo” di Plasmon è ambientato nel 2050 e narra la storia dell’ultimo bambino nato in Italia. La causa è il calo delle nascite. Infatti Adamo è l’ultimo bambino nato e per questo è destinato a crescere da solo. I toni sono evidentemente apocalittici, perché cancellano tutti i nati prima di Adamo, anche solo un anno prima e i figli e le figlie delle persone straniere residenti in Italia.

Plasmon, film “Adamo” – Youtube

Il cortometraggio fantapolitico immagina una realtà per assurdo, spacciata però come realistica. È la presenza del demografo Alessandro Rosina a consolidare le basi di questa narrazione. Intervistato da Il Foglio spiega che se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione con il ritmo osservato nel decennio scorso, sarebbe inevitabile ritrovarsi nel 2050 con i reparti di maternità del tutto vuoti. Secondo Rosina nel 2050 lo scenario “zero nati” è difficilmente realistico, le dinamiche reali sono più complesse, ma “i dati ci dicono che alto è diventato il rischio di un processo di declino continuo della natalità”. Rosina mette in guardia sul non frenare tale processo perché le conseguenze potrebbero sorprenderci e renderci incapaci di reagire in tempo.

Rosina nel cortometraggio è anche la voce capitalista di turno. Infatti durante il suo intervento racconta che in Italia non si è riusciti a passare dall’idea di un figlio come costo economico all’idea di un figlio come valore collettivo nel quale la società ha convenienza di investire. Il messaggio è quello di un rapporto tra natalità e sistema capitalista, nel quale i bambini rappresentano futura forza lavoro per la sopravvivenza della società. Inquietante che il messaggio passi attraverso un’azienda e soprattutto un’azienda che produce alimenti per l’infanzia, quindi un messaggio piegato alla sopravvivenza dell’azienda stessa. 

Progetto Adamo: come Plasmon propone di risolvere la denatalità

Lo scenario raccontato nel cortometraggio è davvero così lontano dalla realtà del 2050? È vero in Italia prima di diventare genitori si fanno i conti in tasca, perché è evidente che per crescere un bambino bisogna avere le condizioni economiche per poterlo fare. Una famiglia spende per i 18 anni di crescita del minore fino anche a 183.000 euro nei casi più fortunati. L’alternativa è quella di crescere in una famiglia con poche possibilità economiche e quindi poche possibilità in generale. Non è un caso infatti se le nascite sono diminuite in maniera costante a partire dal 2011, periodo nel quale la crisi economica del 2008-2010 ha iniziato a pesare sulle tasche e sui risparmi delle famiglie e delle coppie.

Plasmon con il progetto Adamo – all’interno del film le richieste passano attraverso i genitori con toni tristi – propone asili nido, congedi parentali e la risoluzione di alcune delle preoccupazioni che impediscono alle coppie di affrontare l’idea di diventare genitori. Si punta così a conciliare la vita familiare e lavorativa, facendo pressioni sulle aziende per dare un valore aggiunto alle famiglie. “Quando nasce un bambino, nascono anche i suoi genitori – scrive Plasmon – È fondamentale che questi abbiano gli strumenti per affrontare una nuova avventura”. 

Plasmon si è quindi impegnata a garantire il congedo parentale del secondo genitore con 60 giorni retribuiti al 100% (rispetto ai 10 giorni garantiti dallo Stato) e a integrare la maternità statale pagando l’indennità al 100%. È vero che “per crescere il futuro dell’Italia è necessario che ognuno faccia la sua parte” e lavorare a politiche di supporto alle famiglie, ma non serve solo questo.

Denatalità (foto bambino) - photo credits: web
Denatalità (foto bambino) – photo credits: web

Il fenomeno complesso della denatalità: servono strategie ampie e non banali

Il fenomeno della denatalità è complesso e stratificato. Si va dall’assenza di servizi per l’infanzia come gli asilo nido, alla disparità del mercato del lavoro per donne uomini, fino all’ostacolare le famiglie arcobaleno e il riconoscimento dei bambini e delle bambine natз in Italia ma figlз di stranierз. 

In Italia siamo 58.9 milioni di abitanti, 1.36 milioni in meno rispetto al 2014. Il progetto Adamo descrive questo fenomeno paragonandolo alla scomparsa di un’intera città. Va ricordato però che al 1° gennaio 2019 i minori non comunitari in Italia erano 794.618 e che nel 2022 si stimano 1 milione e mezzo di italiani senza cittadinanza, cioè bambini e bambine natз e cresciutз in Italia ma che fino al compimento dei diciott’anni non sono consideratз cittadinз italianз.

Denatalità: tra desiderio e responsabilità

La narrazione del cortometraggio è a tratti horror e spinge su sentimenti quali paura, solitudine e inquietudine. Se l’intento del cortometraggio era quello di sensibilizzare le aziende o responsabilizzare lo Stato, la sensazione che lascia è invece quella di colpire i genuini dubbi di chi un figlio o una figlia al mondo non può o non vuole metterlo.

Per quanto gruppi anti scelta e parte della politica stiano cercando di raccontare un futuro climatico più roseo delle aspettative della comunità scientifica, secondo gli esperti nel 2050 la civiltà umana rischia di collassare per il cambiamento climatico. Più la data si avvicina, più il 2050 ci appare però lontano e le conseguenze sugli ecosistemi distanti da noi. 

Al centro del cortometraggio i due attori che interpretano i genitori raccontano di non aver dubitato neanche un secondo di portare Adamo in questo paese. Oltre alla responsabilità genitoriale e dello Stato sul tema della natalità, manca del tutto nel film l’aspetto ambientale: un fattore determinante per la scelta delle giovani coppie sul mettere al mondo un essere umano. Il problema è sotto i nostri occhi, anche della politica, a partire dalla crisi idrica che da emergenza siccità è diventata costante assenza di acqua per supportare agricoltura, allevamenti e la vita quotidiana. Soluzioni? Non pervenute.

La denatalità non è l’apocalisse: quali gli aspetti positivi del calo delle nascita

Il calo dei nascite è visto come apocalittico, come la fine della società italiana, ma non è così. Raccontare l’apocalisse della denatalità vuol dire credere che non esista un altro sistema di vita oltre quello che abbiamo conosciuto fino a oggi. Da sempre infatti la decrescita della popolazione è vista come un problema per l’economia, con scompenso tra il numero di pensionati in aumento e quello dei lavoratori in diminuzione. La verità è che ci sono aspetti positivi, infatti la denatalità potrebbe comportare nuove possibilità per la società. La questione del cambiamento climatico è un aspetto, ma la denatalità si può leggere anche sotto l’aspetto economico.

Infatti l’inverno demografico è spesso connesso con l’aumento della ricchezza di un paese e al miglioramento della condizione della donna in questo. Sotto un altro punto di vista, immaginando un sistema diverso, la denatalità potrebbe non essere solo descritta come la solitudine di chi crescerà in classi vuote. Si può invece ragionare sulla qualità del sistema educativo, con un miglioramento dell’accesso alla scuola e alle università, concentrate sullo sviluppo del singolo individuo (qualità su quantità).

Sono diversi gli studi che dimostrano una correlazione tra calo del nascite e maggiore stabilità sociale, come l’aumento dell’occupazione e degli stipendi, la diminuzione di disparità, violenza e criminalità.

Come si affronta il calo delle nascite?

Il calo delle nascite pone dei problemi, ma solo perché questi non vengono affrontati direttamente. Se si pensa di poter risolvere il problema della denatalità attraverso incentivi alla famiglia e ai servizi per l’infanzia, si può anche iniziare a ragionare sul cambiare, per esempio, il sistema pensionistico e il mercato del lavoro. Si può immaginare di formulare un sistema basato sull’evidenza del calo delle nascite e non lottare per invertire il ritmo.

La natalità non può essere l’unica soluzione alla denatalità, perché questa inquadra il fenomeno del calo demografico solo da un punto di vista. Un cambiamento complesso come l’inverno demografico deve essere affrontato, non “risolto”, attraverso interventi ad ampia azione e che non tentano di riportare indietro, ma che anzi guardano a un futuro e alle sue nuove e diverse necessità. 

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Articolo di Giorgia Bonamoneta