Sweeney Todd è la tragica storia del barbiere, disumanizzato dall’accecante dolore e sete di vendetta, in una Londra tritacarne, dai colori dickensiani, che mangia e rigurgita le vite disperate di chi la affolla; emblema di quella teoria di sopravvivenza darwinista che tanto scioccò la società vittoriana. In questo film, tratto dall’omonimo musical di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler, la regia di Tim Burton fa parlare il colore, mimetizzando personaggi e ambienti in un omogeneo “fango umano”. Egli intreccia inoltre canzoni e leitmotiv dei personaggi, in un mescolamento che è perdita di individualità ed espressione di tragedia universale.
Benjamin Barker (Johnny Depp) è di ritorno a Londra, dopo molti anni di ingiusta prigionia. Il corrotto e perverso giudice Turpin (Alan Rickman) si è, anni addietro, invaghito della moglie di Barker ed ha usato il proprio potere per ostracizzare quest’ultimo, il quale, ormai, non vive che per versare il suo sangue. Barker riconquista la nomea di miglior barbiere di Londra, con lo pseudonimo di Sweeney Todd. Egli userà il proprio mestiere come trappola mortale, per vendicarsi sul giudice e sulla società.
Sweneey Todd, macchina da vendetta
Benjamin Barker è un uomo talmente spezzato dal dolore e senso di ingiustizia, da aver perso ogni compassione ed umanità. Fantasma incastrato nel passato, egli è incapace di reagire agli stimoli del presente, al punto da diventare letteralmente e tragicamente cieco. “Anche se ti penso tutti i giorni, credo che ciò avverrà sempre meno, fino al momento della mia morte”, egli canta, evocando il pensiero della figlia Johanna; citando inoltre lo “stato di cecità che gli è causato da ciò che non può dimenticare“. La sua mente è così ossessa dal giudice, che, ironia del destino, in un momento in cui sia la figlia che la moglie gli si presentano alla porta, Todd non sarà nemmeno in grado di riconoscerle.
Egli è visualmente assimilato alle lame che gli prolungano le mani (deve essere il destino di Johnny Depp); e soprattutto, agli elaborati marchingegni della poltrona da barbiere, ed alle dentellate ruote che innestano il meccanismo del tritacarne umano. Il protagonista è ridotto ad elemento di catena di montaggio, evocante la frenetica industrializzazione e la disumana alienazione della vita urbana. Sweeney Todd ha perso la libertà di autodeterminazione; tale una macchina, egli agisce solo per una singola e ripetitiva funzione, la vendetta sugli esseri umani.

Londra dickensiana, calderone umano
“C’è un posto, simile ad un grossa fossa nera ed abitato dalle canaglie del mondo, la cui moralità non vale lo sputo di un maiale, e (questo posto) si chiama Londra” canta Sweeney Todd all’inizio del film, per poi avventurarsi in un intrigo di strade labirintiche, incubo claustrofobico. Alla prigione mentale dell’ossessione vendicativa, si aggiunge l’imprigionamento fisico in una Londra tritacarne, la cui umanità ha perso ogni individualità; essa è rappresentata con costumi marrone e petrolio, come un amalgama, quasi evocativo del fango di Prometeo. Carne tritata e rimescolata come nelle torte di Mrs Lovett. Cannibalismo simbolo di una città, in cui sovraffollamento e povertà costringono alla lotta feroce per la sopravvivenza.
L’uomo in generale, e non solo Sweeney Todd, è destinato a soccombere in una vita di sofferenza. La portata universale della storia di Todd è sottolineata dal trattamento della musica, nella coralità e mescolamento dei leitmotiv. Spesso un personaggio si esprime cantando ed un secondo si mescola rubandogli le parole. Oppure si cambia improvvisamente tema/brano musicale, in una variazione di mood, per poi rivenire al precedente. Infine, le canzoni che sembrano attribuite ad ogni personaggio, in momenti successivi, slittano in bocca ad un altro. Nel momento del canto si perdono distinzioni ed individualità, esprimendo condizioni comuni, o arricchendo le sfumature di un sentire, in un impasto che si rinnova continuamente, come il potente flusso di persone che affolla la città.
Ed in quella massacrante Londra vittoriana…nacque il Natale
La storia di Sweeney Todd appare nel 1846 nei penny dreadful (le serie sensazionalistiche a 1 penny), alimentando una leggenda metropolitana che influenzerà letteratura e teatro. E proprio Dickens, parla nei suoi romanzi di una donna che fabbrica torte con i gatti (Il circolo Pickwick) e fa riferimento “ai preparatori di pasticcerie cannibale che sono rappresentati in tante leggende metropolitane” (Martin Chuzzlewit). La Londra di Sweeney Todd è del resto la pulsante ma distruttiva città industriale, di cui Dickens denuncia povertà e sfruttamento.
La crudeltà degli uomini è redenta dallo spirito del Natale, e dai suoi fantasmi che apriranno il cuore al tirchio misantropo Ebenezer Scrooge, nel celebre Canto di Natale, novella con cui Dickens “inventò” la festa. L’idea del cenone abbondante, condannato come ostentatore dal buon gusto vittoriano, si affermò grazie al successo della sua celebre storia. A questa si deve inoltre lo scambio natalizio dei regali, che all’epoca avveniva invece a Capodanno, ed il ritorno dei canti di Natale, che erano fuori moda. Con il successivo racconto L’albero di Natale, Dickens consacrerà l’uso della tradizione tedesca di usare l’albero, come elemento di raccoglimento e celebrazione delle feste.
Sara Livrieri
Seguici su
Metropolitan Cinema