Avril Lavigne: il primo Greatest Hits della principessa del pop punk

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Di Federica Checchia

Se esistesse una royal family della musica pop punk, Avril Lavigne ricoprirebbe senza dubbio il ruolo della principessa ribelle. La cantautrice canadese si fa conoscere nel 2002, grazie al singolo Complicated, divenuta subito una hit internazionale, che raggiunge la vetta delle classifiche di diversi Paesi. Il brano trascina il suo album d’esordio Let Go, che la consacra come idolo dei giovanissimi. Complici della fama istantanea, una personalità scanzonata e uno stile inconfondibile e copiatissimo, fatto di pantaloni cargo, canotte, borchie e l’immancabile cravatta “rubata” all’armadio di papà.

Avril prende il volo e resta in alta quota anche con i successivi Under My Skin e The Best Damn Thing. Dopo un intervallo di quattro anni, ritorna sulle scene musicali con Goodbye Lullaby e con l’omonimo Avril Lavigne. La malattia di Lyme la costringe a una pausa forzata più lunga, dalla quale riemerge nel 2019, pubblicando il disco Head Above Water, un inno alla rinascita pereonale e artistica. Segue, nel 2022, Love Sux. Per celebrare i vent’anni di carriera, la ragazzaccia del punk ha annunciato il suo primo Greatest Hits, prodotto da Legacy Recordings. La raccolta è disponibile da ieri, 21 giugno 2024, sulle principali piattaforme e nei negozi. Ad essa si accompagna il Greatest Hits Tour, una tournée iniziata a maggio e che si concluderà a settembre. Un regalo per i suoi fans, che l’hanno protetta e supportata anche nei periodi più bui, e a se stessa, per essere riuscita a splendere di nuovo.

Avril Lavigne, il Greatest Hits: la nostalgica leggerezza degli anni Duemila

La cantautrice canadese Avril Lavigne

Ad aprire le danze, letteralmente, è Sk8er Boi, secondo estratto di Let Go. Chi è stato adolescente in quegli anni lo ricorda bene: la fiaba senza happy ending dello skater rifiutato dall’altezzosa ballerina, che però segretamente lo ricambia. I Romeo e Giulietta degli USA non ce la fanno, ma il novello Montecchi si consola con una ragazza più affine al suo microcosmo, e diventa un musicista affermato, in barba ai detrattori. Un pezzo che vira sul rock, supportato da un video girato a New York, in cui Avril si esibisce su una macchina, circondata dalla folla. Tempi più spensierati, tempi andati.

Si continua a ritmo serrato con Girlfriend, tormentone del 2007, è il maggior successo di sempre della cantante. Avril ha registrato il ritornello in 8 lingue: giapponese, cinese, spagnolo, tedesco, italiano, portoghese, francese e, naturalmente, inglese. Girlfriend è stata premiata come Song of The Year agli MTV Europe Music Awards, battendo Umbrella (Rihanna), Grace Kelly (Mika), Beautiful Liar (Beyoncè & Shakira) e Rehab (Amy Winehouse). L’ironica richiesta di diventare la ragazza dell’oggetto del suo desiderio, con buona pace dell’attuale fidanzata, è un gioiellino pop. Un motivetto senza impegno, che trasuda però energia ed allegria.

What The Hell proviene da Goodbye Lullaby ed è «la canzone meno personale dell’album. È un inno assoluto al divertimento e alla libertà, a non frenarsi e a seguire il proprio istinto anche se questo comporta delle scelte difficili. È la canzone più pop del disco.». In effetti, il sound power pop si discosta dalle sonorità più mature e acustiche del quarto album in studio di Lavigne. Si tratta, tuttavia, di un invito a essere se stessi e a prendere in mano la propria vita, soprattutto dopo una relazione finita male, senza abbattersi. Il tutto, ovviamente, raccontato con lo spirito indisciplinato che la caratterizza.

Tra Girl Power e malinconia

La quarta traccia ci riporta al gran debutto, Complicated. Pietra miliare del teen pop anni duemila, reso celebre anche dallo storico videoclip in cui Avril esibisce tutta la sua vena comica, è una critica alla falsità delle persone, che mostrano solo ciò che più conviene loro. Un sistema incomprensibile per una giovanissima rocker che si affaccia alla vita, nel pieno dei suoi turbinii emotivi. Basta quel primo, indimenticabile accordo di chitarra per essere catapultati all’inizio del nuovo millennio, al Festivalbar (al quale Lavigne ha preso parte) e a quell’estate frizzante in cui abbiamo conosciuto quella ragazza piccola ma potente, venuta dal Canada.

Una rottura dolorosa, un grido di rabbia, ma anche di pena. Don’t Tell Me dà il via all’era di Under My Skin e lo fa con “cazzimma”. Un fidanzato che fa fatica a lasciar andare, ancorata a lui da parole non dette e conti in sospeso, delusione e frustrazione che esplodono, per poi dissolversi sul finale, quando l’indifferenza, amara e letale, s’insinua nei sentimenti residui. Ed ecco che arriva il momento di volare via, finalmente liberi.

I’m a Mess è un repentino e inaspettato balzo in avanti rispetto ai primi cinque pezzi, tutti appartenenti alle prime incisioni della songwriter. È una Avril più adulta, più consapevole e disincantata, reduce da un percorso a ostacoli che l’ha provata, ma non abbattuta. Il rock acustico è preponderante rispetto al passato, e il duetto con il britannico Yungblud è un incontro di voci e indoli riuscito e malinconico.

La carica rock di Avril Lavigne

He Wasn’t è piazzato in settima posizione per scuoterci, dopo un momento soft. La nostra penisola la ricorderà per essere stata la colonna sonora della campagna pubblicitaria dell’Algida nel 2005. Il brano è un attacco all’ex fidanzato, reo di non averla mai fatta sentire speciale e apprezzata; decisamente non quello che lei avrebbe voluto. In molti, allora, ne criticarono l’eccessiva semplicità, ma la canzone è in puro Avril Style: orecchiabile, disimpegnata e fresca.

Decisamente più in hardcore è Losing Grip, incursione della cantante nel grunge e nel bu metal. Parecchio lontana da quello che, fino ad allora, Avril Lavigne aveva mostrato di sé, ma risulta efficace e credibile anche in queste vesti. Anzi, è un peccato non averla sentita più spesso sperimentare con questo lato della sua creatività. Anche le colleghe sembrano aver apprezzato questa “svolta”; Alanis Morissette ne ha infatti realizzato una cover.

Picchi altissimi di nostalgia vengono raggiunti riascoltando My Happy Ending, presente nelle playlist artigianali di quelli che un tempo erano teenagers. Si parla di un amore finito, e lo si fa con tutta la carica emotiva possibile, passando da strofe quasi sussurrate a un inciso urlato e disperato. La canzone è stata eseguita durante la cerimonia di chiusura dei XXI Giochi Olimpici invernali, tenutisi proprio in Canada, ed è stata usata in diverse serie, come Smallville e Gilmore Girls.

Il presente e un ritorno al passato

Bite me è un secondo, momentaneo, ammiccamento ai lavori più recenti. Il singolo, in collaborazione con Travis Barker, ex batterista ddi Blink-182 e produttore discografico, ad oggi chiacchieratissimo per il suo matrimonio con Kourtney Kardashian, è stato pubblicato nel 2021. Avril appare più sicura di sé, finalmente si è ripresa, e si sente. Il carattere volitivo e fiero riaffiorano sempre più, ed è un piacere vederla rifiorire.

Nobody’s Home è stata scritta insieme a Ben Moody, ex chitarrista degli Evanescence, altro nome che, nel primo decennio del secolo attuale, attirava orde di giovani appassionati. Giudicata a posteriori tra le migliori di Avril, ha un testo profondo ed è dedicato a una sua reale amica, anche se le vicende raccontate sono fittizie. Dispiace che, nel 2004, questa rock ballad non abbia ottenuto il riscontro sperato, perché, anche a distanza di vent’anni, resta una delle sue migliori interpretazioni.

Alzi la mano chi non ha fatto un piantino sulle note di I’m With You. Inno di tutto i cuori infranti nei primi Duemila, è una ballata intensa e intramontabile, riportata in auge nel 2011 da Rihanna, che l’ha campionata per la sua Cheers (Drink to That), ma mai realmente passata di moda. Come dimenticare quel video, quel grido di tristezza, quello sguardo penetrante? Viene voglia di ricontattare quel compagno delle medie per cui ci struggevamo.

Le lacrime continuano con When You’re Gone, scritta per l’ex marito Deryck Whibley, frontman dei Sum 41. La canzone parla dello «stare insieme alla persona che si ama che, da un momento all’altro, devi salutare e di tutte quelle piccole cose che ti verranno a mancare. Racconta un po’ delle nostre vite, di quando siamo in tour, quando mi mancano le persone che amo, la persona che amo». Una mancanza, un lutto, un momento che mai nessuno vorrebbe vivere.

I brani più recenti

Bois Lie ci trascina nuovamente nel 2022, ed è un ritorno al punk rock più canonico, seppur con delle contaminazioni, offerte dalla presenza del rapper statunitense Machine Gun Kelly. Forse non tra le tracce migliori del greatest hits, ma rimane un mix interessante.

Smile, come promesso dal titolo, ci fa tornare il sorriso. Vivace, gioiosa, veloce; un ringraziamento personale di Avril Lavigne a tutte quelle persone che sono state capaci, nel corso degli anni, di farla stare bene, standole accanto e volendole bene. Un po’ di sana positività pop, che non guasta mai.

E la positività non viene meno con Love It When You Hate Me, estrapolato da Love Sux, in duetto con Blackbear. È incredibile quanto il tempo sia stato generoso con la cantautrice, che non ha perso un briciolo della sua intemperante energia.

Scritta con Char Kroeger, leader dei Nickelback e, per un periodo, suo partner, Rock n Roll recupera il sound di Let Go e lo arrichisce con le nuove esperienze artistiche e personali della cantante. Un ritorno alle origini, ma con una marcia in più. Forse meno d’impatto rispetto a una Sk8er Boi, ma più ponderata.

Il video ambientato in un liceo è un chiaro indizio del senso della canzone. Here’s to Never Growing Up è, letteralmente, un brindisi agli eterni Peter Pan, giovani dentro, fuori o entrambi, che non ne vogliono sapere di perdere quella scintilla di giocosa impertinenza. Avril è cambiata, è cresciuta, ma, in fondo, è e sarà sempre quella ragazzaccia con lo skate sottobraccio. E meno male.

Il gran finale e un messaggio di speranza

Ci si avvia verso la fine, ed è chiaro con Keep Holding On. Parte della OST del fantasy Eragon, il brano parla di destino, resilienza e forza interiore. Resa famosa anche dalla versione presente in Glee, show cult dello scorso decennio, è una canzone delicata e piena dolcezza, piacevole da ascoltare e riascoltare. Ogni tanto, è giusto credere alle frasi motivazionali, spesso si rivelano vere.

Chiude il cerchio, ed è giusto che sia così, Head Above Water, singolo estremamente autobiografico, che parla dell’esperienza vissuta da Avril in prima persona, la malattia di Lyme, e della capacità di tornare “in superficie”, anche quando si ha la sensazione di sprofondare. All’epoca, la musicista era convinta di morire, e ha scritto il pezzo dal suo letto, tra le braccia di sua madre, con l’intento di infondere speranza e aiutare le persone in difficoltà. Fortunatamente, le cose sono andate per il meglio, e Avril Lavigne è risorta dalle sue ceneri, tornando a brillare come prima, e anche più.

Federica Checchia

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