Nel corso del tempo, ci siamo fatti una certa idea di Pink. Siamo, d’altronde, abituati a vederla dinamica e spigliata, mentre si mangia il palcoscenico ad ogni esibizione. Ci preoccupiamo per lei quando si cimenta in qualche rocambolesco volteggio durante i suoi live, issata in aria in equilibrio precario, per la gioia e lo sconcerto del suo pubblico. A un primo sguardo, dunque, verrebbe naturale immaginarla come una tigre anche nella vita privata. Eppure, Alecia Beth Moore, nasconde un lato delicato e riservato che non ci si aspetterebbe da una rockstar. Nata a Doylestone, Pennsylvania, l’8 settembre 1979, ha origini irlandesi, lituane ed ebraiche per parte di madre, e tedesche per parte di padre.
Proprio il rapporto con il papà , che cantava e suonava la chitarra per lei, sarà fonte di grandi dolori. Dopo il divorzio dei suoi, Alecia inizia a far uso di stupefacenti, pur avendo solo tredici anni, consumo che si protrarrà fino al 1995. Nel frattempo, però, si dà da fare in ambito musicale: canta in un coro gospel, entra nella punk band Basic Instinct, collabora come corista nel gruppo rap Scratch N’Smoove. Quando un talent scout la nota, si unisce al trio R&B Choice, ed è proprio allora che il produttore L.A. Reid, dopo averla ascoltata, decide di darle una chance.
Pink: la scelta del nome e i primi successi
Non tutti conoscono l’origine del nome d’arte della cantante statunitense. Il nomignolo arriva direttamente dagli anni della sua adolescenza; P!nk, scritto inizialmente con la “i” capovolta, proviene dalla sua carnagione rosea, ma soprattutto per il colorito da lei assunto quando si sente in imbarazzo. Il il soprannome è anche un omaggio a Quentin Tarantino e al film Le Iene, che annovera tra i suoi protagonisti Mr. Pink (Steve Buscemi). Infine, a chiamarla Pink, in tenera età , era anche suo padre, divertito dai disegni della figlia, raffiguranti dei pony rosa.
Una volta scelto il suo alter ego, la cantautrice debutta nel 2000 con Can’t Take Me Home, trainato dai pezzi There You Go, Most Girls e, soprattutto, You Make Me Sick, che viene inserita nel cult movie Save The Last Dance. Nel 2002 si ritrova in un inedito quintetto, composto dalle rapper Lil’ Kim e Missy Elliott, dell’interprete R&B Mya e dalla popstar Christina Aguilera: le cinque incidono una cover di Lady Marmalade, hit del 1975 di Patti LaBelle. Il brano funge da apripista al capolavoro di Baz Luhrmann, Moulin Rouge!, con Nicole Kidman ed Ewan McGregor. Il video di questo remake desta scalpore a causa della parziale nudità delle protagoniste, ma il featuring vale a Pink il suo primo Grammy.
La svolta con Missundaztood e Try This
Non contenta di essere trattata come un prodotto commerciale, Alecia s’impone e vira verso canzoni più serie e personali. Con l’aiuto di Linda Perry, leader dei 4 Non Blondes, scrive il suo secondo disco Missundaztood, che esce a fine 2001. Il singolo di traino è Get The Party Started, che sbaraglia la concorrenza agli MTV Music Awards. Gli altri estratti, Don’t Let Me Get Me, Just like a Pill e Family Portrait, riscuotono ampi consensi, cementando la presenta della musicista dai capelli rosa nel panorama musicale internazionale.
Nel 2003 ci riprova con Try This, ma le tracce God is a DJ, Trouble e Last to Know, non bissano il successo dei precedenti, almeno negli USA. Fortunatamente, il cinema corre in suo aiuto; Trouble entra nella OST di Principe Azzurro Cercasi, sequel della rom-com Pretty Princess, con Anne Hathaway e Julie Andrews. Un quarto singolo, Feel Good Time, invece, viene usato come colonna sonora di Charlie’s Angels- Più che mai, commedia che vede Cameron Diaz, Lucy Liu e Drew Barrymore riprendere i ruoli delle famose agenti segrete.
Pink: I’m Not Dead e Funhouse
Dopo tre anni di assenza, Pink torna sulle scene con il suo quarto album in studio, dall’evocativo titolo I’m Not Dead. Fra le tracce, spiccano Who Knew, U+Ur Hand, Dear Mr. President, un’esplicita lettera per l’allora Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, e Stupid Girls, oggetto di controversie. Il videoclip che accompagna il pezzo, infatti, è una parodia che non lascia scampo a diverse colleghe (e non solo) della cantante rock, da Jessica Simpson a Lindsay Lohan, fino a Paris Hilton. Con sommo disappunto delle dirette interessate, Stupid Girls vince la categoria Best Pop Video agli MTV Video Music Awards.
Funhouse, il quinto disco, vede la luce nel 2008, e a trascinarlo è la strepitosa So What, scatenata breakup song che scala le classifiche. Anche Sober, Please Don”t Leave Me e Glitter In The Air vengono accolte positivamente dal fandom e dalla critica. Funhouse è la cronaca di un amore naufragato, quello con l’ex marito Carey Hart (ad oggi di nuovo sposato con lei), e conferma il talento dell’energica musicista. Per celebrare il primo decennio di attività , Pink decide di regalarsi il suo primo Greatest Hits. Il disco è anticipato da Raise Your Glass, inno dedicato a tutti gli underdogs del mondo. Una categoria di cui lei stessa, in fondo, ha sempre sentito di far parte.
Pink, da shy girl a diva rock
Nel 2012 esce il singolo Blow Me (One Last Kiss), al quale segue l’album The Truth About Love. A restare impresse sono l’accorata Try e True Love, in duetto con la britannica Lily Allen. Da sempre aperta alle collaborazioni, Pink incide con Nate Ruess, frontman del gruppo indie rock newyorkese Fun, Just Give Me a Reason, un trionfo a livello globale. Dopo essersi dedicata alla scrittura (è sua Recovering, composta per Céline Dion) e al cinema (canta Just Like Fire per Alice attraverso lo specchio), torna in studio. Il risultato è la nuova raccolta di inediti Beautiful Trauma. Al suo interno, si fanno notare la title track e What About Us.
Ad aprile 2019 riceve la sua stella sulla Hollywood Walk of Fame e, nello stesso mese, fa uscire l’album Hurts 2B Human. A questo seguirà , nel 2022, Trustfall, ad oggi l’ultimo disco della cantante. Tra tour mondiali, documentari sulla sua vita, alti e bassi nella sfera privata e tanto, ma tanto impegno e coerenza in ogni suo passo, Pink spegne oggi quarantacinque candeline. Lo fa con una consapevolezza: quella ragazza alle prime armi che cantava «Don’t wanna be my friend no more/I wanna be somebody else» in Don’t Let Me Get Me si sbagliava. Pink è perfetta perché, anche di fronte alle pressioni delle etichette discografiche, ha avuto il coraggio di essere quello che non tutti riescono ad essere: se stessa. Guance rosee d’imbarazzo incluse.
Federica Checchia
Seguici su Google News