Rino Gaetano si trasferisce in giovane età con la famiglia da Crotone a Roma, dove diverrà una delle voci fuori dal coro più innovative della musica italiana. Le sue canzoni sono di una modernità che colpisce, la sua denuncia sociale più che mai attuale, la sua irriverenza purtroppo ancora bene assegnata. Rino Gaetano è ancora d’ispirazione ed esempio a molti giovani musicisti che affrontano la musica con serietà e voglia di dire e di esprimersi, senza facili retrovie o soluzioni.
Lo stile musicale di Rino Gaetano
Uno dei leitmotiv di Rino Gaetano è stato sicuramente quello del nonsense. Rino cerca di ottenere questo effetto in diversi modi: avvalendosi dell’utilizzo maccheronico dell’inglese, del francese e del tedesco. Utilizza libere associazioni dal significato incomprensibile, sfoggiando un linguaggio ironicamente aulico, raccontando un futuro onirico e surreale o adoperando banali giochi di parole.
Talvolta sconfina nella vera e propria demenzialità ma Rino arriva a descrivere problematiche reali in modo quasi goliardico. Conia delle figure fumettistiche per esprimere in maniera diretta alcune sue riflessioni.
Nelle sue canzoni Rino utilizza spesso delle voci apparentemente prive di senso, ma che, nel contesto della canzone, acquisiscono un particolare significato. Prendendo spunto dal teatro dell’assurdo, si avvale delle armi dell’ironia, del sarcasmo e del paradosso per svelare la vera natura dell’uomo moderno, la falsità dei rapporti umani, l’incomunicabilità e i vari problemi che affliggono la società moderna.
L’artista calabrese non vede la necessità di usare forme complesse nell’espressione artistica, molto meglio la semplicità. In un’intervista del 1978 racconta di come l’ispirazione per i testi e le musiche delle sue canzoni possano arrivare improvvisamente, anche durante un semplice viaggio in auto o una gita in campagna.
Da Crotone con passione
Rino Gaetano è un cantautore verace, schietto! Nella sua breve ed intensa produzione, Rino, racconta di amore e rabbia sociale, santi al rogo e ragazze che filavano, fratelli di figli unici… regalandoci brani di grande spessore civile mascherati a volte da filastrocche o motivetti da fischiettare. Le sue canzoni, dolenti, sarcastiche, gioiose, hanno esplorato nuovi modi di narrare la vita con storie terribili di sfruttamento, abbandono, piccinerie mondane, solitudini.
Impara a suonare la chitarra, interpreta la Volpe in un musical scritto da Carmelo Bene e si sceglie lo pseudonimo Kammammuri per provare ad entrare nell’ambiente discografico. Con questo nomignolo frequenta il Folkstudio, locale della capitale, fucina di talenti, ed esordisce con il singolo “I love you Marianna”.
Da ‘Ingresso libero’ al ‘Cielo è sempre più blu’
La prima pubblicazione di un album, questa volta con il suo vero nome, è “Ingresso Libero” del 1974.I suoi paradossi, la rabbia, il sarcasmo, l’amarezza e a volte, una certa tenerezza sotterranea sono le strade che le sue composizioni continuano a battere. Da questo disco “Agapito Molteni il Ferroviere” e “L’operaio della Fiat” si fanno sorelle di altre importanti opere come l’album “Storia di un impiegato” di De Andrè e “La locomotiva” di Guccini.
La dura vita della classe operaia e delle figure patetiche, ma eroiche allo stesso tempo, sempre in bilico tra il ridicolo e il magnifico, è affrontata da Rino Gaetano attraverso due composizioni scarne, essenziali, “Ad esempio a me piace il sud” dove dipinge con poche pennellate i forti colori delle strade impolverate, delle donne dalle vesti scure sulla soglia delle case e delle campagne assolate. Amore, appartenenza e nostalgia sono gli ingredienti di questa canzone toccante e malinconica.
“E la vecchia salta con l’asta”, invece, è una ballata dall’andamento antico, una giostra musicale in cui il cantautore veste i panni del menestrello cantastorie. Il viaggio di un cavaliere che attraversa villaggi e città è raccontata con ironia, il linguaggio è desueto, la voce a tratti imprecisa ma efficace. Una favola antica con finale beffardo, assurdo e divertito.
Nel 1975 il singolo “Ma il cielo è sempre più blu” attira l’attenzione del pubblico. Data la durata del brano, che superava i 7 minuti, fu deciso di dividerla in due parti, pubblicate sul lato A e B del 45 giri. Bellissima canzone dall’arrangiamento essenziale, poggia su un arpeggio di pianoforte, gira e si avvita su se stessa ed ha un testo importante. C’è chi muore di invidia, chi è stato multato, chi odia i terroni, chi ha visto Onassis, chi vive in baracca e suda il salario, e chi ruba pensioni e gioca coi fili.
E su tutte queste persone “il cielo è sempre più blu”: tutto continua immutato, si ripete e non cambierà mai.
‘Mio fratello è figlio unico’
Il secondo album di Rino è “Mio fratello è figlio unico”. Pubblicato nel 1976 permette a Rino di conquistare credibilità nel ricco panorama cantautorale del momento.
Il testo del singolo omonimo canta frasi apparentemente slegate tra loro ma che compongono un quadro impietoso di luoghi comuni a cui tutti ci aggrappiamo ciecamente, per non sentire la mancanza di senso delle cose, per regolare le nostre esistenze ad un ritmo rassicurante. L’interpretazione di Rino Gaetano è partecipe ed affettuosa, dolente ma rabbiosa. Di grande atmosfera, il brano diventerà la bandiera di intere generazioni a venire. Un manifesto per tutti coloro che tentano di non cadere sotto l’omologazione bolsa e grigia della società contemporanea.
In questo album anche “Sfiorivano le viole”, canzone che vive del sole caldo dell’estate, ennesimo gioco sperimentale di Rino che scherza con i generi e con le muse. Se la prima parte della canzone si sforza d’essere evocativa, la seconda si lascia andare a briglia sciolta. La verve di Gaetano prende possesso della canzone in ogni suo aspetto: la musica va incontro ad un cambio di tempo e mentre continua a rammentare attimi del passato amoroso, Gaetano chiama in causa la storia coi suoi protagonisti più insospettabili: La Fayette, Otto von Bismarck, Novaro e Mameli. Aneddoti tirati in ballo con ironia, in barba all’erudizione.
Impossibile non citare “Berta filava”, singolo di immenso successo, stralunata filastrocca rock in cui basso e chitarra ripetono un riff divertito e grottesco,
Aida
Con “Aida” del 1977 il cantautore continua la sua maturazione stilistica, senza peraltro perdere in freschezza ed originalità, e pur esibendo una produzione più curata e attenta ai dettagli non rinuncia al suo credo peculiare.
Il brano che dà il titolo all’album è una ballata pop rock con qualche traccia di blues dall’andamento pacato e stanco, come il passo di una donna, “Aida”. Questa canzone è simbolo ed alter ego di un paese che, come lei, ne ha viste e passate tante. Rino Gaetano vola su scenari della nostra storia: guerre, rosari, fame e povertà̀, corruzioni, dittatori e compromessi che sembrano ripetersi all’infinito. Il ritornello cita l’opera omonima di Giuseppe Verdi, e la voce graffiante del cantautore crotonese esprime tutta la rabbia e l’amore per un paese che non vuole cambiare. Ironia e poesia, sarcasmo e cronaca in una canzone che tuttavia resta facile all’ascolto, leggera nella sua critica dolente travestita da canzonetta.
Nel disco anche la geniale “Spendi spandi effendi”, in cui è protagonista l’uomo comune, che in regime di crisi economica sogna di essere ricco, e per questo regalerebbe pure la figlia o la sorella.
Invece “Escluso il cane”, è una rock ballad dal testo diretto e al contempo enigmatico e giocoso. L’amore non esiste, in realtà̀ nessuno mi ama davvero, racconta il cantautore, il cane è l’unico capace di provare il vero amore, gli altri sono fini dicitori del nulla, falsi dichiaranti di sentimenti logori.
Nuntereggae più
Nel 1978 il boom definitivo arriva con l’album “Nuntereggae più“. La voce ruvida e il tono beffardo di Rino Gaetano denunciano politici corrotti, programmi televisivi che inneggiano a prosciutti e lotterie, personaggi del jet set che invadono le nostre vite mentre la gente non riesce nemmeno ad arrivare a fine mese. L’unico modo per non scoppiare di rabbia e dolore è riderci su, ma, intanto, non mollare e parlarne. Quarant’anni dopo è sorprendente ed amaro scoprirne l’attualità, così come amaro è il commento finale di Gaetano. Tra giocatori, stelline della tv ed industriali, “Ma chi me sente? e allora amore mio je t’aime, mon amour” e tutto finisce a tarallucci e vino.
Questo è il disco della celeberrima “Gianna”, classificatasi terza al Festival di Sanremo. Grande successo commerciale, che sotto un motivetto facile ed accattivante nasconde ancora una volta un esempio di tagliente ironia. Questa Gianna che sostiene “tesi e illusioni” sembrerebbe essere ancora una volta la classe politica. Ipotesi che sembrerebbe reale, perché̀ lo stesso Gaetano, in una intervista accennò al fatto di essersi ispirato a Majakovskji, che in alcuni scritti si beffava della corruzione dei politici del suo tempo. Inoltre fa riferimento all’”indossare uniformi con medaglie”, le stesse che sul palco dell’Ariston adornavano lo smoking del cantautore.
La denuncia sociale, ironica e sagace, è ancora presente in “Fabbricando case”. Qui il tono si fa duro, e la denuncia alla cementificazione selvaggia più leggibile. Probabilmente l’autore faceva riferimento alle speculazioni edilizie che negli anni 70 hanno sfigurato Roma, ma questo fenomeno, come tutti gli altri raccontati dal cantautore, non ha mai cessato d’esistere. Corista d’eccezione l’amico Francesco De Gregori.
Resta vile maschio, dove vai?
Spronato dai discografici a produrre nuove canzoni, Rino Gaetano si recò sull’Isola di Stromboli a cercare ispirazione. Poi si recò a Città del Messico dove incise il suo nuovo album, Resta vile maschio, dove vai?
L’album contiene la prima e unica canzone di tutta la discografia di Gaetano non interamente scritta da lui. Il testo della title track venne scritto infatti da Mogol, dopo un incontro fra questi e il cantautore. Nonostante la promozione, il 33 giri non ottenne il successo sperato e non superò le 200000 copie vendute. Gaetano attribuì lo scarso successo dell’album alla scelta di sperimentare sonorità latinoamericane, peraltro molto in voga in quel periodo, come risposta alla crisi della musica d’autore. I critici incolparono invece la sua mancanza d’ispirazione.
Le sue esibizioni dal vivo erano notevolmente cambiate rispetto ai primi tempi. Il cantante aveva un seguito decisamente maggiore e la scenografia adesso era studiata nei minimi dettagli. Gaetano prese parte prima al Festivalbar e poi partecipò al Discoestate a Rieti. In quest’occasione si rese protagonista di una protesta: non accettò il fatto di dover cantare in playback e quando arrivò il suo turno, invece di far finta di cantare, decise di fare l’indifferente e fumarsi una sigaretta. Sempre nel 1979, durante un concerto sulla spiaggia di Capocotta, citata anche nel testo della canzone, prima di cantare Nuntereggae più, Gaetano affermò:
“C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno che cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale, e si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta.”
E io ci sto
Nel 1980 ancora un bell’album, “E io ci sto”. Per registrarlo richiama in sala di registrazione il fior fiore dei musicisti attivi nella Capitale: Derek Wilson alla batteria, Stefano Senesi al piano, Alessandro Centofanti al synth e molti altri nomi eccellenti. Rino racconta della voglia di essere attivi, di vivere il proprio momento con la consapevolezza di esserci. Come sempre, la vena di ribellione e la voglia di far guerra non si quieta. Perché̀ è bello così. Questa è la sua essenza e non vuole cambiarla. I fiati cantano il ritornello e chiudono a festa questo che purtroppo fu l’ultimo album proposto dal cantautore, prima che un brutto incidente d’auto lo portasse via, nel 1981. Gli arrangiamenti spaziano dalla ballata pop alla danza folk, ai ritmi latinoamericani, al reggae, i suoni sono caldi, molto spesso acustici, volutamente poco sofisticati.
Rino Gaetano nella cultura di massa
Negli anni dopo la sua scomparsa Gaetano è stato via via sempre più apprezzato e la sua musica riscoperta, rivalutata e capita. Soprattutto le nuove generazioni lo hanno riscoperto, e questo risulta essere un segno della sua originalità e del suo ruolo di innovatore.
Molte delle canzoni di Gaetano sembrano non passare mai di moda e vengono trasmesse un po’ dappertutto: nelle colonne sonore dei film e delle serie tv, nei concerti, nei programmi televisivi, nelle discoteche, negli spot e persino negli stadi. Da qualche anno infatti Ma il cielo è sempre più blu viene suonata allo stadio Olimpico durante il torneo delle VI Nazioni quando la Nazionale italiana di rugby segna dei punti o vince una partita ed è l’inno ufficiale del Crotone. Inoltre, seppur non sia l’inno della squadra, la canzone risuona al Ferraris durante le partite della Sampdoria.
Musicisti molto diversi tra loro come Daniele Silvestri, Alex Britti, Simone Cristicchi, Fabrizio Moro, Le luci della centrale elettrica, Ismaele Pipi, gli Articolo 31 e Giusy Ferreri, hanno dichiarato più volte di essere stati influenzati da Gaetano nella loro formazione artistica.
Alessandro Carugini
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