San Valentino al veleno: “Se mi lasci ti cancello” (Eternal Sunshine of The Spotless Mind)

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

San Valentino al veleno, capitolo sesto: Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry (Human Nature, The Green Hornet). Tratto da un soggetto del regista, l’artista belga Pierre Bismuth ed Charlie Kaufman, autore anche della sceneggiatura premiata con un Oscar. La regia immerge lo spettatore in un ambiente notturno, che, combinato al motivo della plogée, richiama il motivo del sonno, del subconscio ma anche, semplicemente, della morte. Dimensione rafforzata dalla brillantezza del gelo e della neve, simbolo della purezza della mente alla quale i sofferenti protagonisti vogliono ambire. I livelli di esplorazione di realtà si moltiplicano nella caratteristica scrittura meta di Kaufman. Gondry rafforza la dimensione surreale del sogno, con il proprio tocco tipicamente artigianale; questi contribuisce ad alleggerire ed ironizzare “le avventure del subconscio”, in una corsa tuttavia malinconica, volta a recuperare l’istante perso.

Una mattina, Joel (Jim Carrey) segue uno strano impulso ed invece di andare al lavorare, si reca sulla spiaggia gelata di Montauk, dove fa la conoscenza dell’emotiva Clementine (Kate Winslet). Comincia un flirt tra i due; tuttavia una dolorosa rottura è in seguito mostrata, la quale porta Clementine ad adottare un trattamento di cancellazione di Joel dalla propria memoria. Joel, altrettanto sofferente, decide di sottoporsi alla medesima terapia, per poi invece rendersi conto che perdere anche il ricordo dell’amata è difatti ancora peggio. Egli decide di fermare “l’operazione”: peccato che sia sveglio esclusivamente nel proprio subconscio! Intrappolato dal sonno chimico e dai macchinari, non riesce fisicamente ad esprimere la propria opposizione. Le memorie continuano ad essere cancellate; Joel cerca di “nascondere” Clementine in un angolo recondito dei suoi ricordi, di modo che ella non sia eliminata.

San Valentino al veleno: Se mi lasci ti cancello, elogio dell’oblio

Il film si apre con l’immagine di Joel addormentato nel letto. Egli fa fatica ad alzarsi ; scoprendo che la sua macchina è stata sfregiata, lascia un biglietto in cui, invece di chiedere spiegazioni, si limita a dire “grazie”. Joel appare depresso; anche il “vitale” tentativo di sconfiggere la sofferenza di San Valentino con una gita improvvisa, volge al fallimento. “La sabbia è sopravvalutata: è solo un insieme di piccole rocce”. Il personaggio appare in uno stato comatoso, e nemmeno l’aggressiva tecnica di aggancio da parte di Clementine sembra scuoterlo. Lo stato di sonno, si scoprirà, dipende dalla condizione esistenziale di “vuoto”, provocata dalla cancellazione delle memorie. Nemmeno la vitale Clementine, del resto, è immune dall’operazione; “Sono spaventata, la mia pelle sta sparendo, sto diventando vecchia” grida in un attacco di panico, non ricordando cosa le sia successo.

Joel e Clementine si trovano entrambi in uno stato d’oblio, evocato dalla scena in cui decidono di intraprendere un’escursione sul lago ghiacciato. Essi si stendono sulla superficie gelata, assumendo una posizione sdraiata, che, sottolineata dall’inquadratura in plongée, evoca l’idea del sonno, della morte. Questa è rinforzata dall’atmosfera notturna e del ghiaccio, che è anche simbolo di quella purezza della mente che essi hanno cercato di perseguire, attraverso il trattamento. Joel e Clementine sono immersi in un immaginario estremamente invernale, rappresentando la paradossale ambivalenza dell’elemento della neve e del ghiaccio; si sono purificati, ma al prezzo di perdere il vissuto, che è sostanza della loro persona.“Prendi un neonato, è così libero e puro”, dice la segretaria Mary (Kirsten Dunst) fan numero uno delle operazioni di amnesia, del cui pericolo si renderà in seguito conto.

Se mi lasci ti cancello- Photo Credits: filmaffinity.com
Se mi lasci ti cancello- Photo Credits: filmaffinity.com

Giocare a nascondino tra le memorie del subconscio

Mary, e i suoi due giovanissimi colleghi, sono del resto adolescenti “incoscienti”. Si drogano, saltano sul letto in cui Joel, addormentato, rimane inerte. I ragazzi hanno quella vitalità e freschezza che Joel e Clementine hanno perso, con l’amarezza degli anni. Man mano che si procede nella “mappa mentale” dei ricordi di Joel, ci si rende conto che i ricordi più recenti sono dominati dalla noia; andando indietro nel tempo, l’amore dei protagonisti è alla sua fase di “giovinezza” ed entusiasmo. Joel deve nascondere Clementine in una delle sue memorie, e la trascina tra uno scenario e l’altro; un cambiamento surreale che ricorda il metacinema della La palla nº 13 di Buster Keaton. La dimensione meta, coniuga la scrittura tipicamente “architettonica” del genio di Kaufman ed il talento squisitamente surreale di Gondry; essa è applicata all’universo onirico con un “realismo” psicologico: i sogni sono dei film girati da noi stessi.

In queste “opere” da noi create, gli elementi descrittivi del ricordo, come i volti degli sconosciuti, sono a volte imprecisi e sfuocati all’immagine che ne abbiamo. La regia ricrea gli effetti di perdita della memoria, o associazione e sovrapposizione, tipiche della psiche umana; quando Joel decide di nascondere Clementine in una memoria di infanzia, salta nell’episodio in cui si protegge da un’acquazzone. L’idea di protezione, tuttavia, lo rimanda ad un’età ancora precedente ed egli si ritrova a 4 anni sotto il tavolo della madre. Clementine è rimasta indietro, poichè le associazioni mentali sono più veloci della comprensione umana. Ed è proprio questo piccolo Joel a rivivere l’abbandono della madre, rivelando una fragilità che lo segnerà fino all’età adulta. Egli non riesce ad integrare Clementine nella memoria poichè è regredito in una sorta di “complesso di Edipo” e desidera solo stare con la sua mamma.

La vita è un insieme di istanti da salvare ad ogni costo

Si gioca con i cliché della psicoanalisi; come il trauma provocato da bulli, e considerato la memoria più recondita, nella quale i due non si nascondono poichè Joel, sebbene adulto, ancora non riesce a difendersi. L’uomo è nel subconscio moltiplicato in tante versioni di sé, in tante personalità, quante si declinano secondo il momento; se questo è vero, la memoria dell’istante di vita vissuta è forma di ricchezza ed infinita espansione; al contrario, l’annullamento di questa, lungi dall’essere istanza di vitalità è invece una forma di annichilimento. Si rincorre l’istante perso, a costo di una certa amarezza, poiché esso è comunque meglio della sua assenza. Tale maratona ha fine nella casa sulla spiaggia, dove i due abusivamente si imbucano, durante un simbolico crepuscolo che finisce nell’oblio della notte.

La villa, simbolo dell’ideale matrimoniale, si va disfacendo, ma Joel decide di godersi il momento “rettificando” la scelta che aveva fatto, nella realtà, di mollare Clementine e andarsene via, per paura di essere beccato ad infrangere la proprietà. Elogio del carpe diem, del recupero dell’istante perso, nonché protezione di quello vissuto, a qualsiasi costo. “Potrei morire, sono talmente felice…non mi sono mai sentito così, sono esattamente dove voglio essere.” Lo squallido Patrick (Elijah Wood) agirà da “fantasma” di Joel, ripetendo le parole di quest’ultimo, con un effetto completamente stonato. Ennesima strizzata d’occhio al metacinema, poichè una sceneggiatura recitata da attori diversi o in momenti diversi produce effetti totalmente differenti, ed ogni attimo è individuale ed irripetibile. San Valentino al veleno, capitolo sesto: Se mi lasci ti cancello.

Sara Livrieri

Seguici su

Facebook

Metropolitan Magazine

Instagram

Twitter