Stasera in tv: “Tonya” scandalo realmente accaduto nel pattinaggio

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Di Redazione Metropolitan

Stasera in tv: Tonya, parabola di Tonya Harding, pattinatrice dai risultati record, implicata in un ultra-mediatizzato scandalo, perchè accusata di aver fatto picchiare una concorrente. Lo scrittore Steven Rogers (Nemiche amiche, Kate & Leopold) e il regista Craig Gillespie firmano un film biografico con uno stile mockumentary ed un formato post-moderno estremo. I racconti dei personaggi intessono verità incrociate, in uno stile meta-cinematografico e pop che ricorda il sensazionale To die for di Gus Van Sant (1995). Dove Van Sant sbeffeggia i media, gli autori di Tonya si concentrano sulla dimensione psicologica di una eroina spezzata ed abusata; la cui rabbia sarà al contempo motivo di distruzione e super-potere sublime. “L’ironia” edulcora una realtà violenta ed indigesta; non colpendo la protagonista, ma i personaggi che l’hanno rovinata e le cui misfatte assomigliano ad un plot dei fratelli Cohen. Un film “punk” e sanguigno, ad immagine della sua protagonista.

Tonya Harding (Margot Robbie) si racconta alle telecamere, insieme ai co-protagonisti della storia della sua carriera. Il pattinaggio la salva da una tragica infanzia fatta di povertà e abusi di una madre perversa, narcisista e violenta (Allison Janney) e perpetrati, in seguito, dal marito Jeff Gillooly (Sebastian Stan). Alcol e botte non aiutano Tonya a mantenere la concentrazione richiesta dall’agonismo. La protagonista non si da per vinta ed incanala la sua rabbia nello sport, diventando la prima americana a riuscire un triplo Axel in una competizione. Nonostante i risultati, i giudici storcono il naso alla sua immagine “volgare”, i suoi vestiti auto-confezionati e le coreografie su musiche dance di bassa lega. Rappresentare l’America alle Olimpiadi non è solo una questione di pattinaggio. Entra in gioco allora Shawn Eckart (Paul Hauser), mitomane amico di Jeff, con un piano criminale, volto ad aiutare la carriera di Tonya

Stasera in tv: Tonya, una donna spezzata

Tonya Harding proviene da una famiglia poverissima. Il padre l’abbandona e la madre LaVona la fa sentire in colpa per il fatto di investire tutto il denaro nelle lezioni di pattinaggio, di cui la figlia non può perdere un secondo, anche a costo di farsi la pipì addosso. “Pattina bagnata!” le ordina la mamma narcisista e crudele, che si autoincensa di aver formato una campionessa. “Vorrei avere avuto una madre come me”, affermerà LaVona in seguito. Il suo segreto? Fare sentire la figlia perennemente inadeguata, così da spingerla alla dipendenza dal suo giudizio, in un circolo tossico. Dinamica che non fa che rinnovarsi quando Tonya lascia la casa per sposarsi con il violento fidanzato. La protagonista è co-dipendente da persone che la bullizzano e gestiscono. Al tempo stesso, la verità, sostiene il film, è sempre complessa e forse proprio tali situazioni esasperanti spiegano il successo della donna.

Il pattinaggio, ed in particolare il triplo Axel che ha fatto letteralmente sopraelevare Tonya dal resto del mondo, si fa simbolo di un volo che è autodeterminazione e fuga dal fatalismo del contesto sociale. Ad esso si oppone la caduta a terra, letteralmente evocata dall’atterraggio finale sul tappeto del match di boxe, carriera che le viene praticamente imposta da un’immagine caricaturale creata dai media e dalla società. Di questo si potrebbero incolpare innumerevoli persone, compresa la stessa Tonya e, soprattutto, la tremenda madre. Oscarizzata e pluripremiata, la travolgente caricatura di Allison Jenney, è un volto disumanizzato da orgoglio e disgusto per gli altri. LaVona paga sconosciuti per offendere la figlia prima delle gare, ed è l’unica persona a non applaudirla. Un mostruoso genitore perverso narcisista a cui tutto è dovuto. Considera la figlia prolungamento di sé e successo personale ed è ritratta spesso di spalle, come a evidenziarne l’inaccessibilità emotiva.

Stasera in tv: "Tonya"- Allison Janney premio Oscar nei panni della madre della proragonista-Photo Credits: setimacabine.com.br
Stasera in tv: “Tonya”- Allison Janney premio Oscar nei panni della madre della protagonista-Photo Credits: setimacabine.com.br

Decostruzione della verità: il formato post-moderno

LaVona sostiene di apprezzare la figlia e forse, nel suo contorto modo, è sincera. La verità è complessa e sfaccettata. Ad immagine degli ambigui eventi che sono sfociati nell’aggressione all’altra pattinatrice, o dello stesso personaggio di Tonya, la cui povertà è allo stesso tempo limite e risorsa, la storia risulta frutto di tante prospettive combinate in una coralità di punti di vista. Il formato post-moderno afferma il relativismo dei fatti e l’impossibilità di afferrare una realtà oggettiva e assoluta. Un frenetico montaggio intreccia perciò le testimonianze di Tanya, LaVona, Jeff, Shawn, nonché l’istruttrice di pattinaggio Allison (Julianne Nicholson) ed un cinico giornalista (Bobby Cannavale). Ognuno divaga, filtra, si giustifica o si vanta, indirizzando sguardo e discorso direttamente allo spettatore per guadagnare la sua fiducia o semplicemente sfogarsi.

La rottura della quarta parete avviene non solo durante le interviste, ma anche nel mezzo di flashback, rappresentati come cinema di finzione, ma interrotti dai commenti dei personaggi al pubblico. Le parole di Jeff lo ritraggono vittima di violenze di una Tonya che, ancora immedesimata nell’universo fittizio del racconto del marito e con in braccio un fucile, guarda lo spettatore, affermando “Sono fesserie, non l’ho mai fatto”. Ironia di un’immagine contrastante con le parole e statuto di ambiguità; manipolazione di uno spettatore che non deve fidarsi di cosa gli è detto o mostrato. Il quale viene, infatti, preso in giro quando LaVona annuncia, nel mezzo del film, la fine della propria linea narrativa, per riapparire invece fino all’ultimo. Un meta-cinema che sovrappone i personaggi con split-screen e montaggi in cui l’uno interrompe l’altro, svelando la propria artificialità per mettere in questione lo statuto di veridicità delle sue immagini.

Stasera in tv: Tonya. Presa in giro della “white trash”?

L’ironia è dunque data dal contrasto tra parole ed immagini, ma anche da un uso “perverso” dei commenti musicali, in cui sdolcinate canzoni d’amore incorniciano le terribili violenze domestiche, tra inseguimenti e teste sbattute contro gli specchi. Del resto, non è “per provare il proprio amore” che il marito di Tonya si unisce allo stupidissimo piano di ferire la pattinatrice Nancy Kerrigan, rovinando così la vita Tonya? La struttura del film è disuniforme, poiché fortemente impregnata dalla digressione su tale famoso “incidente”, che costituisce quasi una storia a parte. Ci troviamo in questo caso in un universo surreale nello stile dei pastiche dei fratelli Cohen, in cui quella che doveva essere una semplice lettera di minaccia scappa di controllo in modo totalmente grottesco.

Il delitto è perpetuato da un improbabile complice che cambia parcheggio ogni 15 minuti “per non farsi notare” (fatto realmente accaduto), mentre il folle Shawn parla come in un film gangster e dichiara ad una giornalista di essere una spia internazionale e campione di karate (fatto realmente accaduto). La presa di giro diventa evidentemente indirizzata più ai singoli ed incredibili “autori” del “fattaccio”, che alla genericità della loro classe sociale, di cui l’eccezionale Tonya recrimina appartenenza, linguaggi, modi e spontaneità. Ella significativamente critica la rivale/vittima Nancy Kerrigan, la quale accoglierà senza emozione l’argento olimpionico, provocando critiche e polemiche dei connazionali. Alla freddezza di quest’ultima è contrapposta la sanguigna Tonya che, dice l’allenatrice Allison, si ama o si odia, facendosi in ciò immagine dell’America stessa. Stasera in tv: Tonya, su Rai Movie alle 21.10.

Sara Livrieri

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