Taiwan, la volontà di potenza della Cina preoccupa l’isola

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Di Redazione Metropolitan

Nello Stretto di Taiwan non sono mai sorvolati così tanti aerei da guerra cinesi. Sale la tensione tra Taiwan e Cina, perché quest’ultima viola l’area di identificazione aerea taiwanese. Ben 150 bombardieri cinesi si sono aggirati vicino all’isola di Taiwan, ma non hanno fatto ricognizioni sui centri abitati. Si sono tenuti lontani.

La questione tra Cina e Taiwan è una partita geopolitica a due facce. Da un lato le due città Xiamen e Taichung, che si guardano mentre continuano la loro vita. Dall’altro l’analisi geopolitica riportata dalle testate internazionali, le previsioni allarmistiche e le minacce. Quello che c’è tra la Cina e Taiwan da anni sembra quasi un balletto politico propagandistico. Come riporta Vanityfair.it, ora qualcosa sta cambiando.

Sottomettere il nemico senza combattere: la tecnica cinese e Taiwan

Non riconoscendo Taiwan, alla Cina piace volare quando e dove vuole su tutta quell’area del Pacifico. Facendo ciò, vuole dare prova della sua forza. Il governo di Taipei ha una zona di identificazione aerea molto grande, che le permette di monitorare tutto ciò che passa sopra Taiwan e di controllare eventuali minacce. Quest’area arriva a comprendere anche parte della Cina continentale e al centro dello Stretto c’è una linea di demarcazione immaginaria: oltre quella linea si parla di incursioni aeree. La Cina è solita fare delle periodiche esercitazioni militare e aeree in quella zona. Questa tattica non è usata solo con Taiwan, ma con tutti: la Cina controlla così i confini himalayani, il Mar Cinese meridionale e il Mar Cinese orientale. Dal 2010 periodicamente la Cina sorvola le zone marittime giapponesi attorno alle isole Senkaku, chiamate dalla Cina Diaoyu. La tattica cinese consiste in fare pressione, per spingere l’altro a fare la prima mossa. Così da poter dire che si sta solo difendendo. Una delle massime della strategia militare di Sun Tzu è “sottomettere il nemico senza combattere“.

Il rapporto tra Cina e Taiwan: dalla guerra fredda ai giorni nostri

Alla fine della Guerra Civile cinese, i nazionalisti guidati da Chiang Kai-Shek si ritirarono nell’isola per preparare il contrattacco finale e conquistare il territorio cinese. I nazionalisti erano infatti stati sconfitti dalle truppe comuniste di Mao Zedong. Era in 1949 e da lì la situazione si è cristallizzata: da un lato la Repubblica popolare cinese con capitale Pechino e dall’altra Taipei, capitale della Repubblica di Cina. Tra le due lo Stretto. Chiang Kai-Shek non tornò più nella Cina continentale e nel mentre la comunità internazionale riconobbe solo la Cina taiwanese.

Con lo ‘scoppio’ della Guerra Fredda la situazione cambiò. Se prima era Taiwan ad avere delle ambasciate all’estero ed era membro delle Nazioni Unite, nel 1972 la situazione si invertì. Con la visita del presidente americano Nixon in Cina, la repubblica di Mao si avvicinò sempre più all’occidente. Gli USA aprirono le loro prime sedi diplomatiche in Cina e Taiwan fu isolata sul piano diplomatico e disconosciuta. Nonostante ciò Washington firmò un trattato di garanzia, impegnandosi a difendere l’isola da eventuali attacchi cinesi. Quella che ci guadagnò di più fu la Repubblica di Mao: quasi tutto il resto del mondo voleva “un’unica Cina“, cioè non riconobbe più la piccola isola del Pacifico.

Ora tra i due paesi ci sono molti interessi commerciali e proprio questi avevano fatto stare al sicuro il governo taiwanese. Il governo di Taipei ha sempre creduto che la Cina potesse minacciare, ma difficilmente avrebbe attaccato. Un attacco sarebbe troppo persino per la seconda economia mondiale e potrebbe scatenare un conflitto che vede coinvolti gli USA: Ora però la situazione sembra essere cambiata. Il generale Chiu Kuo-cheng, ministro della Difesa taiwanese, ha affermato che non ci sarebbe interesse della Cina ad invadere Taiwan, ma che da qui a qualche anno la situazione potrebbe cambiare. Nel 2025 Pechino potrebbe agire rapidamente e decidere di fare qualcosa. In quarant’anni di carriera il generale non ha mai vissuto una situazione così tesa.

Il Pacifico: il nuovo centro della scena politica internazionale

Il Pacifico è diventato il nuovo centro della scena politica internazionale. Il motivo è la competizione tra America e Cina. Quest’ultima ora fa concorrenza, e non poca, agli Stati Uniti. Non essendo più un Paese in via di sviluppo ed avendo fatto un salto di qualità non indifferente, la Cina vuole diventare la prima potenza economica mondiale. Solo pochi giorni fa il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione con Taiwan è “inevitabile e sarà realizzata”. La volontà è quella di seguire la strada pacifica, che conviene ad entrambe le parti, ma nonostante ciò chi si opporrà “farà una brutta fine”.

Taiwan ha osservato per anni le mosse di Pechino sull’ex colonia inglese Hong Kong. Secondo gli accordi tra Regno Unito e Cina, Hong Kong avrebbe dovuta rimanere una regione autonoma fino al 2047, ma di fatto la Cina ha già messo le mani sulla regione. La libertà che si respirava nel porto di Hong Kong è stata smorzata dalla Legge sulla sicurezza, entrata in vigore il primo luglio dello scorso hanno. La Cina si è ripresa Hong Kong senza che la comunità internazionale potesse farci nulla.

La “minaccia cinese” si sente anche a Washington. Joe Biden continua sulla linea di Donald Trump e la questione cinese è la priorità della politica estera americana. Taiwan è quindi l’ultimo luogo simbolo della resistenza democratica alla Cina. Per questo per la prima volta si parla di invasione.

Michela Andreatta

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