“Edward mani di forbice”, l’incubo dell’omologazione americana esplorato con gli occhi del diverso

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Di Redazione Metropolitan

Con Edward mani di forbice, Tim Burton rovescia le prospettive esplorando «l’incubo» dell’omologazione suburbana americana, attraverso gli occhi dell’ombroso e del diverso. Il tutto senza rinunciare ad una vena iperbolica e umoristica, confezionando una delle più belle e toccanti favole di Natale.

Il film culto ha rivelato su scala mondiale il talento di Johnny Depp e consacrato il successo del duetto gotico Tim BurtonWinona Ryder, già conosciuto al grande pubblico per il precedente Beetlejuice (1988). Edward è stato creato da un inventore, che, morendo, l’ha lasciato incompleto. Al posto delle mani ha le forbici ed è vissuto isolato nel castello del suo creatore, senza mai conoscere nessuno. Un giorno la dolce Peggy Boggs (strepitosa Dianne Wiest) decide di adottarlo e, insieme alla famiglia, cercare di integrarlo alla società. E là incominciano i problemi…

Edward mani di forbice o il punto di vista del diverso

Tim Burton gioca con le regole del genere gotico, ribaltandole. Invece di ritrarre persone comuni alle prese con luoghi antichi ed oscuri, prende in questo caso un protagonista dark e con lui esplora la società americana; la quale, ironicamente, risulterà il vero incubo da cui scappare. Come portare lo spettatore dalla propria parte? Come forzarlo a distaccarsi e riconoscere tutto ciò che di più grottesco si rivela a questo personaggio, che in fin dei conti è anche molto diverso da noi?

Burton impiega largamente l’inquadratura in soggettiva, in un modo da allineare la visione di Edward con quella del pubblico; il quale vede i vizi e costumi della vita di quartiere (le rigide sedute a tavola, il tentativo di seduzione della cougar del vicinato, capolavoro del cringe) in tutta la loro stortura. Edward è il medium tra noi e quella realtà di cui è spettatore, identificandosi così agli altri spettatori. Si noti in questo senso la sequenza in cui Peggy cerca di truccarlo, per nascondere le sue cicatrici. In questo scambio di primi piani campo-controcampo, l’immedesimazione tra sguardo dello spettatore e Edward è talmente estrema che Peggy arriva perfino ad applicare il fard direttamente sulla cinepresa. Quando invece è Edward ad essere inquadrato, egli rivolge lo sguardo diretto allo spettatore; “guarda come mi ha conciato” sembra dire, la faccia tutta impiastricciata.

Inquadratura in soggettiva per vedere la società attraverso gli occhi di Edward-Photo Credits: lissablackproductions.com

Rappresentazione dell ‘emarginato nel colore e nello spazio

Lo spettatore è guidato dallo sguardo totalizzante del protagonista, ma anche invitato a guardare quest’ultimo attraverso gli occhi divoratori della società. In questo contesto il dark Edward è letteralmente la pecora nera del paesaggio pastello del quartiere; è la stonatura che appare agli angoli delle inquadrature di insieme. Tim Burton usa la profondità di campo per collocare il timido personaggio in piani lontani e secondari. Inoltre, lo nasconde durante i momenti di gloria, come quando è intervistato in TV; in questa sequenza la figura del protagonista è infatti tagliata dal monitor dell’operatore televisivo che lo riprende.

Burton ritrae la società consumista con un richiamo estetico alla moda degli anni ’50 e ’60 e ai mille colori pastello che evocano l’idea del paradiso artificiale. Il povero protagonista ha difficoltà perfino a muoversi nello spazio. La casetta prefabbricata su misura per le famigliole è una trappola in cui si impiglia, finendo per ferirsi con le proprie forbici. Quando prova ad indossare la camicia del marito di Peggy, vi rimane intrappolato. Il castello è invece uno spazio libero e organico, dove perfino gli oggetti pulsano di vita (si pensi allo straordinario flash back in cui una serie di giganteschi macchinari sono perfettamente coordinati per la preparazione dei biscotti); e dove la cinepresa di Burton esplora e volteggia, a imitazione dello sguardo meravigliato di chi vi entra.

Forse non tutti sanno che, per il ruolo di Edward..

Tom Hanks e Gary Oldman hanno rifiutato il ruolo di Edward. William Hurt, Robert Downey Jr e Jim Carrey sono stati presi in considerazione. Burton è stato spinto dalla Fox a considerare Tom Cruise, il quale voleva un “happy ending”. Burton è stato inoltre contattato per il ruolo da Michael Jackson, invano.

Johnny Depp si è eroicamente calato in parte: ha perso 12 kg e rifiutato di usare dei meccanismi di raffreddamento nel costume di pelle, per poi avere un malore e svenire. In compenso ha pronunciato solo 169 parole in tutto il film.

Il quartiere in cui si svolge il film esiste davvero, ma é stato ridipinto-Photo Credits: WeHeartit.com

Altre curiosità sul film Edward mani di forbice

La cittadina del film esiste davvero, si trova in Florida ed è stata per l’occasione ridipinta di colori pastello. Le sculture-cespugli sono state create con delle strutture di metallo leggero, riempite di fogliame artificiale. Le pettinature dei cani, invece, sono vere.

Nick Carter dei Backstreet Boys appare per qualche secondo nel film, nei panni di un ragazzo di quartiere che si lancia nello scivolo d’acqua da giardino. Ah, i meravigliosi anni ’90.

Sara Livrieri

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