Stasera in tv: “Collateral”, neo-noir notturno, elegante e disperato

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Di Redazione Metropolitan

Stasera in tv: Collateral. Tra trasformazione alla Breaking Bad ed alienazione alla Drive, il neo-noir del 2004 di Michael Mann (Insider, Ali, Nemico Pubblico) mette a confronto l’empatico e sottomesso taxista Jamie Foxx, con il disumano e crudele assassino Tom Cruise, in un gioco di antagonismo e rispecchiamento. Uomini alienati e meccanizzati in una Los Angeles giungla di violenza e prevaricazione, le cui luci notturne brillano come le stelle del freddo ed indifferente Universo che la circonda. Un cast apprezzabilmente multietnico, per un film d’azione avvincente ed un’ estetica della disumanizzazione. Il corpo è virtualizzato, decolorato, assimilato ad una fredda materia grigia dalla straordinaria fotografia di Paul Cameron (Westworld) e Dion Beebe (Chicago). Mark Ruffalo interpreta un poliziotto, tanto per cambiare, Tom Cruise è piacevolmente sottotono ed un acclamato Jamie Foxx sarà nominato all’oscar, che vincerà lo stesso anno per il biopic Ray, di Taylor Hackford.

Max Durocher (Jamie Foxx) è un abile taxista che sogna di fondare una compagnia di trasporti di lusso. Un giorno egli trasporta Vincent (Tom Cruise), un uomo venuto a Los Angeles “per affari,” il quale propone a Max di accompagnarlo in successivi spostamenti notturni. Max accetta, per poi scoprire che Vincent è un killer professionista, venuto in città per uccidere una lista di individui. Questi obbliga il taxista a trasportarlo nei luoghi dove si svolgeranno gli omicidi. L’agente statale Ray Fanning (Mark Ruffalo) trova una vittima di Vincent e capisce che c’è una resa dei conti in atto. Piccoli criminali, ora testimoni all’FBI, sono mandati in esecuzione per volontà del capo malavitoso Felix Reyes-Torrena (Javier Bardem). Nel frattempo, Vincent implica sempre di più Max nei propri delitti e si pone come un mentore nei suoi confonti, impartendogli lezioni sulla crudeltà della vita.

Stasera in tv: Collateral, neo-noir per un relativismo morale

Max ha guidato il taxi per dodici anni, ma tiene a sottolineare che quello non è il proprio mestiere. Avventure più grandi, la fondazione di una linea di taxi di lusso, lo attendono, ma egli aspetta che “tutto sia perfetto” per attuarle. Non esattamente un “uomo di azione”, Max sta alle regole, a partire da quelle della strada che egli conosce al millimetro e sulle quali è, effettivamente (e simbolicamente), sintonizzato. Sensibile allo stress, l’evasione per mezzo della cartolina di un’isola tropicale lo salva quotidianamente. Il cinico Vincent, che si prende quello che vuole e quando vuole, porterà Max a riconoscere di aver posticipato un progetto che non attuerà mai, perché non abbastanza coraggioso o sicuro di sé. Complice forse una madre ipercritica, che lo sminuisce “come se non fosse nemmeno nella stanza”, nella sequenza in cui i due uomini si recano a trovarla all’ospedale.

L’anziana donna ironicamente accoglie il killer a braccia aperte, trattando invece il figlio come una nullità, schifando i fiori che quest’ultimo le porta, per poi decantarne la bellezza, una volta saputo che erano stati comprati da Vincent. Questi, che ama il jazz per la sua imprevedibilità, rischia continuamente la vita, incarnando lo spirito di sopravvivenza in un mondo amorale di lupi contro lupi. Emblematica la scena in cui il taxi si ferma davanti ad una strada attraversata da coyoti. Il campo e controcampo di Mann evidenzia un rispecchiamento tra i due uomini e gli animali selvaggi, che sono riusciti ad adattarsi alla dura realtà urbana. Essi sono simbolo del darwinismo evocato dallo stesso Vincent a giustificazione della propria condotta, che è un modo come un altro di mantenersi in vita. Del resto, egli fa notare, non sta levando dal mondo delle anime pure e meritevoli.

Stasera in tv: "Collateral"-Photo Credits: kickingthelens.wordpress.com
Stasera in tv: “Collateral”-Photo Credits: kickingthelens.wordpress.com

La perdita dell’umanità nella città giungla

Se l’energia di Vincent sarà positivamente contagiosa, il suo relativismo morale non farà invece breccia sull’umano Max, che è rivoltato dall’assenza di empatia del killer. Vincent è un sociopatico e l’uomo privato di emozioni è spogliato della propria essenza. È facile perdere la connessione con le proprie sensazioni in una frenetica ed alienante metropoli. Max conta i secondi dei ritmi del traffico, nello stesso modo in cui Vincent calcola al millimetro i propri movimenti assassini: i due uomini parlano come macchine. La regia mostra un’atmosfera notturna, dove la presenza umana è sostituita dalle macchine ed enormi grattacieli, ripresi da interni ed esterni, incombono sistematicamente sugli individui. “Ci sono 17 milioni di persone a Los Angeles… la quinta economia più grande al mondo e nessuno conosce nessuno”, afferma Vincent. Egli racconta poi l’aneddoto di un uomo, la cui morte nella metro è stata rilevata dagli altri passeggeri solo dopo sei ore.

Del resto, Max, dice la madre, “parla allo specchio” come il protagonista di Taxi Driver di Martin Scorsese (1976). Analogamente a quest’ultimo, ama la solitudine estraniante della notte. La Los Angeles notturna è fatta di figure umane che appaiono solo nelle foto dei poster, nei graffiti o negli schermi proiettanti volti di ballerine nelle discoteche. Queste ultime sono in realtà l’unico luogo popolato, ma talmente affollato che nessun volto è riconoscibile. Le cameriere vi sono visibili solo attraverso braccia e vassoi che si ergono in masse di corpi, intrecciati come in una giungla. La fotografia di Cameron e Beebe offusca le figure umane e le oggettivizza attraverso i riflessi delle scritte del vetro divisorio del taxi. Le spegne, infine, in un colore grigio, facendole apparire, in opposizione al bruno asfalto caldo di violenza, come statue di gelida pietra.

Si spengono le luci e rimane un universo indifferente

La realtà è altrimenti trasfigurata con la diminuzione di profondità di campo, che sfoca i contorni riducendo le immagini a macchie di luce. Ad essi si aggiungono, poi, i bagliori delle finestre dei grattacieli, che brillano come stelle nella notte, e le luci stradali che si riflettono continuamente sul taxi e sui due protagonisti. La fotografia rimodella un ambiente notturno in una dimensione irreale, quasi onirica, che richiama al tema delle galassie.

Un universo tenebroso ed indifferente che, secondo il nichilista Vincent, ci rende inutili e, di conseguenza, amorali. L’uomo vaga quindi in un’oscurità, che sarà messa letteralmente in atto in una delle sequenze finali, quando il crudele killer fa saltare la corrente e si ritrova, insieme all’antagonista, nel buio totale. I corpi, da grigi, si fanno allora neri ed annullano nello spazio come mere ombre, lasciando visibile solo le mille luci lontane della crudele ed insensibile città. Stasera in tv: Collateral, alle 21.00, su Iris.

Sara Livrieri

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